Il pm Francesco Del Bene ha chiesto la condanna all’ergastolo per Nino Madonia e Vincenzo Galatolo, accusati di essere i mandanti dell’omicidio di Lia Pipitone, dopo che il padre si sarebbe sentito “disonorato” dalla figlia.
A distanza di oltre 30 anni, dunque, la Procura ha riaperto le indagini sul mistero della morte della figlia del boss dell’Arenella, Antonino. Anche sulla scorta delle dichiarazioni del pentito Francesco Di Carlo, depositate nell’udienza preliminare nella quale si sono costituiti parte civile il marito e il figlio di Lia Pipitone, Gero e Alessio Cordaro, con l’assistenza dell’avvocato Nino Caleca.
Lia Pipitone fu uccisa il 23 settembre 1983, nel corso di una rapina in farmacia che sarebbe stata inscenata unicamente come pretesto. Il pentito Francesco Di Carlo racconta di aver saputo dal fratello “che il padre di Lia, dinnanzi alla resistenza della figlia a cessare una relazione extraconiugale con un ragazzo, aveva deciso di punirla perché il capomandamento non voleva essere criticato per questa situazione incresciosa. In quel periodo – prosegue – il capomandamento di Resuttana, da cui dipendeva l’Acquasanta era Ciccio Madonia che però non prendeva decisioni in quanto o malato o detenuto. Invero, il comando era assicurato da Nino Madonia e dopo l’arresto di questi, dal fratello Salvatore”.
Nino Madonia e Vincenzo Galatolo, reggenti del mandamento di Resuttana e della famiglia dell’Acquasanta, hanno scelto il rito abbreviato. La sentenza è attesa per il 23 marzo.