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Omicidio Pio La Torre, l’ex commissario Mancuso: “Il loro sacrificio oltraggiato dallo Stato”

giovedì 30 Aprile 2020

Palermo non dimentica Pio La Torre e Rosario Di Salvo a 38 anni dal loro omicidio. Oggi il ricordo in via Li Muli, dove l’allora segretario regionale del Pci e il suo autista furono uccisi da un commando mafioso. Una cerimonia sobria, alla presenza del sindaco Leoluca Orlando e del prefetto Antonella De Miro (alla sua ultima “uscita” pubblica prima del pensionamento). Lo ricorda anche il commissario della polizia Carmine Mancuso su un lungo post scritto su Facebook.

Mancuso è stato anche senatore ed è uno dei creatori del partito politico degli anni novanta La Rete. Suo padre Lenin, era un maresciallo della Polizia e venne assassinato dalla mafia insieme al giudice Cesare Terranova, che scortava . Nel 1988 durante una sua intervista ad un giornale in merito alla fiaccolata del 3 settembre in onore dell’uccisione di Carlo Alberto Dalla Chiesa  ha dichiarato. “Perchè non vado alla fiaccolata? Temo che nel corteo ci sia anche gente non estranea a quel contesto, a quegli interessi, a quel sistema di potere che ha deciso certi delitti. E l’ immagine di mio padre straziato sul lettino del pronto soccorso, mi rafforza nella decisione“. Ad oggi è il presidente Associazione italiana memoria caduti di mafia.

Le parole di Carmine Mancuso

Oggi anniversario della uccisione per mano terroristica mafiosa di Pio La Torre e del suo fedele compagno Rosario Di Salvo. In deferente omaggio al loro sacrificio occorre far chiarezza su fatti drammaticamente gravi che potrebbero vanificare il loro sacrificio e di tanti altri che in onore della verità e giustizia vengono oltraggiati da uno Stato, ma più che altro dai suoi rappresentanti, i cui volti e nomi, sono oltremodo noti.

Nei giorni scorsi apparsa la notizia in veste vagamente celata, una delle prime voci ad insorgere fu quella di Graziella Accetta mamma del piccolo Claudio Domino. A seguire i familiari di Nino Agostino, le sorelle Spinelli e alcuni altri parenti. Si levò una crescente indignazione di parecchi onesti cittadini ma nel silenzio assordante di altri illustri fruitori di attenzione dei mass media che ricevono pubblici finanziamenti e associazioni o centri loro collegati o di c.d.religiosi antimafia le scarcerazioni per questioni di finte trappole burocratiche continuarono a iosa.

Fecero opinione le vibranti prese di pozione dei p.m. Di Matteo, Ardita, e mi scuso per chi sto dimenticando; ma furono l’Espresso e il Fatto Quotidiano a condurre la battaglia.

Taceva il governo e dopo giorni di totale abulia il ministro di Giustizia accusava i giudici di sorveglianza di eccessiva clemenza. Fu il conduttore Giletti di una seguita trasmissione su La 7 che smascherò anomalie del Dap e del suo direttore collegato gerarchicamente al ministro Bonafede. Tale ministro accusò i parenti delle vittime di mentire adducendo che il governo e il suo Ministero nulla possono nello specifico sulla magistratura di sorveglianza annunciando un’imminente decreto che non sappiamo quando vedrà la luce e cosa conterrà.

Nel frattempo commissariò per coprirsi con una prestigiosa e validissima persona il direttore del Dap usandolo strumentalmente come una foglia di fico.Il ministro venne smentito dai giudici di sorveglianza di Sassari che spiegarono di aver dovuto incarcerare alcuni boss perdurante il silenzio del competente Dap a cui si erano rivolti per inviare i criminali a presunto rischio malattie: come se fuori i cittadini siano immuni, nelle efficientissime strutture carcerarie provviste di elevatissime attrezzature sanitarie all’avanguardia rispetto alle pubbliche e pagate con i soldi dei contribuenti nonché familiari delle vittime a cui questi signori si sono premurati di togliere la vita. Ricordo al ministro Bonafede probabilmente per essere a quel posto oltre che esperto dj, insigne giurista e di non comuni capacità di governo che lo ricordi anche ai Di Maio, Conte e compagnia e suppongo per non fare dispiacere o disparità anche ai ridicoli esponenti dell’opposizione che nel 1991 la prima sezione della corte di cassazione (Carnevale e pare ci siano dei suoi novelli emuli al governo) profittando del silenzio e strumentalmente scarcerò inopinatamente Michele Greco e diversi crudeli e famigerati mafiosi, il governo Andreotti e ripeto Andreotti con Martelli, Scotti e tanti altri bei compagni di cordata emisero nottetempo un decreto legge che repentinamente servì a riportare quei gagliardi ammalati o no in galera. Il decreto superò, smentì e sconfessò non il giudice di Sorveglianza ma la Suprema Corte di Cassazione che è quanto dire.

Suggerirei a tal uopo all’avvocato del popolo e al ministro sicuramente di eccelsa cultura giuridica di fare un ripasso magari con Martelli che è ancora in vita.

Da dietrologo ho buoni motivi di sospettare che dietro ci sia qualcosa di insospettabile ma altamente inconfessabile. Credo bisognerebbe riferirsi al boss Graviano e a quanto ultimamente ha minacciato di dire circa i documenti del covo di Riiina(che ricordo abitava all’Uditore i cui mammasantissima erano Bonura e Sansone) e alla sua mancata perquisizione che tutt’ora grida vendetta.

Si svegli la commissione Antimafia, ma credo poco alla volontà di incidere. Ancora non sappiamo i nomi dei mandanti della strage di Portella della Ginestra (1maggio 1947) domani è l’anniversario. E sono certo: passeranno ancora lustri.

Giova ricordare che a proposito di quanto scritto il p.m. Di Matteo, ha sottolineato che secondo lui il patto Stato Mafia continua.
Non rallegra ma credevamo che con i nuovi – non con Salvini che non stimo – ma di quelli che dovevano scardinare il parlamento come una scatola di tonno, si siano, grazie a loro scardinate le porte delle celle dei mafiosi.

L’altro ieri abbiamo pianto per l’uccisione dell’agente scelto – per me un fratello – Apicella. La vedova e i suoi bambini e i genitori rimarranno a piangere a vita .E mentre i boss tra cui Bonura, Sansone, Zagaria e quelli che usciranno oggi e anche domani e con l’affetto dei familiari festeggeranno il primo di maggio, magari a caviale, aragoste e prosecco; loro con i traffici di droga non temono alcuna crisi. Il ministro Bonafede, l’avvocato del popolo e sodali, preparano il decreto (con calma non c’è fretta): la mafia sentitamente e commossa ma grata ringrazia di vero cuore.

 

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