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Indagini della Procura

Ospedale Villa Sofia di Palermo: in attesa di intervento da diciassette giorni, muore settantaseienne

martedì 7 Gennaio 2025
ospedale villa sofia palermo
Ospedale Villa Sofia Palermo

La procura di Palermo indaga sulla morte di Giuseppe Barbaro, 76 anni, morto ieri all’ospedale Villa Sofia dopo 17 giorni di ricovero in attesa di essere operato per una frattura. I parenti hanno presentato un esposto assistiti dall’avvocato Andrea Dell’Aira.

Nel corso dei giorni trascorsi in ospedale sarebbero sorti problemi non legati alla frattura ma che secondo i familiari sono addebitati ai sanitari. Nell’esposto si legge che “i sanitari hanno omesso di considerare le condizioni cliniche del paziente – ricoverato per una frattura scomposta alla spalla sinistra – con evidenti sintomi ipernatriemia (alti livelli di sodio nel sangue) associata a disidratazione e peso corporeo ben al di sotto della media senza curare una idonea assunzione di liquidi e cibo ed omettendo di diagnosticare tempestivamente l’insorgere – durante la permanenza in nosocomio – di una polmonite bilaterale (lo stato febbrile veniva segnalato dalla figli e solo allora somministrato paracetamolo) e mantenendo lo stesso presso il reparto di Pronto Soccorso dal 21 dicembre al 24 dicembre 2024, salvo trasferirlo al reparto ortopedia il 24 dicembre dove le condizioni del paziente divenivano sempre più scadenti e defedate (e senza mai 2 programmare alcun intervento chirurgico)”.

La figlia ha denunciato che il padre “era stato legato con strumenti di plastica alle caviglie ed al braccio destro e manifestava segni di dissociazione e confusione mentale”. Adesso si attende il provvedimento che dovrebbe portare al sequestro della salma e il trasporto all’istituto di medicina legale dove sarà eseguita l’autopsia per stabilire le cause della morte.

Nei giorni scorsi il presidente della Regione Renato Schifani aveva fatto un sopralluogo proprio nel reparto di Ortopedia dove erano state segnalati diversi disservizi e pazienti in attesa di interventi chirurgici per fratture.

“Il paziente è stato ricoverato per una frattura all’omero non c’era alcun tipo di urgenza-emergenza. E’ successo che ha contratto una polmonite in quanto paziente anziano e defedato. E’ stato valutato da pneumologi, cardiologi, anestesisti e le condizioni cliniche peggiorate dalla polmonite non ci hanno permesso di eseguire l’intervento. Non possiamo operare un paziente in condizioni non idonee. Dopo la diagnosi della polmonite sono stati presi tutti i provvedimenti e le terapie adeguate, gli specialisti non consigliavano l’intervento chirurgico perché non era nelle condizioni di poterlo subire. Non era una persona in pericolo di vita”. Lo afferma Davide Bonomo, primario del reparto di Ortopedia di Villa Sofia.

“Dai vari controlli che abbiamo eseguito il paziente dal punto di vista cardiologico e generale aveva qualche problema – aggiunge – I parenti erano informati. E’ stato ricoverato il 24 dicembre. Poi ha sviluppato una polmonite. Non è semplice stabilire quando l’abbia contratta. Evidentemente covava un focolaio da qualche giorno. La polmonite non si sviluppa in un giorno. Non sono uno pneumologo e non l’ho seguito sotto quell’aspetto. Quando le condizioni sarebbero migliorate avremmo eseguito l’intervento. Non era una frattura da operare urgentemente, non era scomposta”.

 

AGGIORNAMENTI

Ore 15:35 – Il racconto della figlia di Giuseppe Barbaro

 

“Mio padre Giuseppe Barbaro è arrivato al pronto soccorso di Villa Sofia con la frattura alla spalla che si era provocato cadendo in casa il 21 dicembre. Fino al 24 è rimasto al pronto soccorso in una lettiga, in corridoio. La frattura veniva semplicemente fasciata e immobilizzata con indicazione di necessità di riduzione chirurgica da programmare ‘appena possibile’. Godeva di buona salute e non soffriva di altre patologie”. Racconta la figlia del paziente, Giuseppe Barbaro, morto ieri all’ospedale Villa Sofia

“Ci è stato detto che non c’era posto in ortopedia e solo il 24 è stato portato in reparto. I medici ci hanno riferito che c’era un turno e che presto sarebbe stato operato. Durante i giorni antecedenti al trasferimento in reparto abbiamo più volte fatto notare che mio padre non poteva alimentarsi autonomamente per via della fasciatura alla parte superiore sinistra del corpoaggiunge la figlia -. Gli infermieri rispondevano che lo avevano in carico come ‘autonomo’ e quindi non potevano far nulla. Sia il 22 che il 28 già manifestava segni di dissociazione e confusione mentale. Mi ha chiamato dicendo di essere legato al letto e il giorno dopo ho visto che era bloccato con fasce di plastica alle caviglie e al braccio destro. Solo quando ho protestato veniva finalmente slegato“.

“Mi sono accorta conclude – che aveva la febbre e solo allora gli è stato somministrato del paracetamolo. Il 30 dicembre l’alimentazione attraverso la flebo. Intanto il valore di sodio saliva fino a raggiungere 178. I medici ci hanno comunicato l’esistenza di diversi focolai pneumologici, segni di polmonite bilaterale. Il 3 gennaio mi hanno detto che non si riuscivano a far rientrare i valori del sodio e che era lecito aspettarsi un esito infausto. Nonostante questo mio padre non è stato trasferito in terapia intensiva ed è morto il 6 gennaio. La comunicazione mi è stata data da un sanitario che m’ha detto di essere appena arrivato da Napoli”.

Intanto, la procura ha disposto l’autopsia che sarà eseguita venerdì prossimo. La salma è stata sequestrata dalla procura e trasportata all’istituto di medicina legale del Policlinico.

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