Se dicessi che Leoluca Orlando, l’immarcescibile sindaco di Palermo, mi fa pena, direi una bugia colossale. Balzebù non ha bisogno di mentire, ma vedere in quanti, nel centrosinistra, si affannano già a contendersi la sua eredità, mi diverte davvero molto. Anche perché non mi sembra di vedere in quella parte dello schieramento politico, che Orlando si è affannato a ridicolizzare, un nome in grado di proclamarsi il legittimo erede del plurisindaco di Palermo. Si parla di una contesa tra Fabio Giambrone e Giusto Catania, ma, senza offesa, nessuno dei due mi sembra all’altezza di una successione così pesante, nel senso che Orlando pesa oltre il quintale.
Giambrone e Catania, secondo il mio immodesto parere, al massimo avrebbero potuto essere dei discreti funzionari comunali: esecutori di ordini. Il primo è considerato la brutta copia di Orlando, mentre al secondo vengono attribuite tutte le nefandezze che riguardano la circolazione: dalla Ztl alle piste ciclabili. Insomma, se uno dei due, dovesse essere il candidato del centrosinistra, sarebbe clamorosamente bocciato dagli elettori.
Fino a qualche settimana fa, erano insistenti le voci su una possibile candidatura del rettore dell’università, Fabrizio Micari, ma il suo nome sarebbe stato bocciato dal Partito democratico. Pare che alla base di questa bocciatura, ci siano alcuni scontri avvenuti durante la campagna elettorale del 2017, quando Micari correva per la presidenza della Regione.
In casa Dem c’è chi vorrebbe puntare su una candidatura prestigiosa, come quella dell’attuale ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, che altri vorrebbero candidare alla presidenza della Regione in contrapposizione a Nello Musumeci o a colui che sarà il candidato del centrodestra. Ma il giovane ministro è sicuro che abbia voglia di gettarsi in bolge come il Comune di Palermo o la Regione siciliana? Francamente, mi sembra piuttosto difficile. Ma alle prossime elezioni dovrà dimostrare il consenso che è riuscito a costruire intorno a sé in questi anni al Ministero per il Sud. Potrebbe candidarsi al parlamento nazionale, magari se non tornerà il voto di preferenza. Perché andarsi a cercare i voti, uno per uno, non è impresa facile. Se Provenzano, però, volesse far un patto con il diavolo.