PALERMO – La fotografa tedesca Katharina Sieverding ha dei temi d’elezione sui quali ruota la sua produzione che, in una selezione, verrà presentata a Palermo tra gli eventi Collateral di Manifesta 12.
Sovrapposizioni e stratificazioni, migrazione e integrazione: si muove in questi “spazi” fisici e sociali la Sieverding che, nell’anno di Palermo Capitale Italiana della Cultura, negli spazi dell’Haus der Kunst ai Cantieri Culturali alla Zisa, espone 14 opere.
L’inaugurazione si svolgerà il 14 giugno, preview dalle 16,30 alle 18,30, alla presenza dell’artista.
La scelta della Sieverding, in collaborazione con l’associazione Düsseldorf Palermo e la direzione di Manifesta 12, segna un’arte che utilizza tutte le possibilità tecniche della fotografia e di altri media attraverso un atteggiamento critico-mediatico.
Originaria di Praga, la fotografa è una voce autorevole all’interno della scena artistica internazionale, ed è considerata la Grande dame della fotografia tedesca.
Le sue opere trasfigurano l’immagine di partenza convertendola in una nuova composizione attraverso l’uso alienante del colore e della luce.
Frasi rimosse dal loro contesto vengono giustapposte nelle immagini spingendo verso interpretazioni frammentate.
Le opere presentate a Palermo, (252 x 365 cm) realizzate tra il 1969 e il 2018, sono affisse senza pretese direttamente al muro con un forte richiamo ai cartelloni pubblicitari, con l’obiettivo di avvicinare lo spettatore all’opera.
Ed è lo stesso spettatore a stringere relazioni tra l’immagine di partenza, l’immagine trasfigurata e le alienazioni artistiche utilizzate dall’artista; così il pubblico diventa parte integrante della stessa.
Le opere di grande formato, invece, si mostrano ancora fortemente attuali e affrontano conflitti concreti.
“Arte e fotografia – ha spiegato – devono opporsi al potere e smontarne le immagini spesso tronfie e comunque false che i potenti ci propinano”.
AM FALSCHEN ORT è il titolo di uno dei suoi lavori più rappresentativi già installato a Düsseldorf in 66 spazi pubblici, luogo ideale, visibile a tutti, che rappresentano la piattaforma dove discutere e indagare conflitti politici e sociali.
L’opera consiste in un montaggio di due immagini differenti tratte dai giornali: il campo profughi di Zaatari al confine siriano, abitato da circa 100 mila migranti, e l’immagine di due soldati russi che caricano un missile su un caccia bombardiere su cui campeggia la scritta che dà il nome all’opera che l’artista coglie dall’autobiografia di Edward W. Said, il padre spirituale del post-colonialismo.
La sovrapposizione e la stratificazione di immagini e testo provocano e colpiscono il fruitore dimostrandosi nel contesto della città di Palermo, della sua storia e del suo presente, più attuali che mai.
Fino al 4 novembre 2018.