Sono state ritenute nulle le notifiche di cartelle a carico di un’imprenditrice palermitana per 360mila euro su un totale di 365mila. È questo l’esito di un caso recentemente affrontato dalla commissione tributaria provinciale di Palermo su ricorso della ex titolare di un’impresa palermitana, I.G., difesa dall’avvocato tributarista Alessandro Dagnino.
La sentenza emessa dal collegio giudicante presieduto da Gaetano La Barbera e composto da Francesco Paolo Pitarresi (relatore) e Santo Ippolito è destinata ad avere rilevanza perché, almeno fino a una presa di posizione delle Sezioni unite della Cassazione, si pronuncia su un problema giuridico che minaccia l’esistenza di tanti processi tributari in corso: cioè la possibilità che il giudice si pronunci sull’estratto di ruolo.
Una norma del 2021 vieta i ricorsi contro l’estratto di ruolo. Questo vale per il futuro, ma la norma del 2021 non dice nulla sui processi in corso. Per la Commissione tributaria di Palermo i procedimenti attuali non sono intaccati. L’imprenditrice quando ha ceduto il ramo d’azienda attraverso l’estratto di ruolo ha preso atto delle sue pendenze verso Riscossione Sicilia. Ad aprile 2021 la contribuente scopre che al Fisco risultano 16 pendenze aperte come l’imposta sui rifiuti a Irpef, Iva, Irap e addizionali, del valore unitario compreso tra poche centinaia di euro fino a una di 308mila euro. Per la commissione tributaria provinciale nove pretese sono nulle o inefficaci e soltanto sette pretese, dal valore complessivo di circa 5mila euro, dovranno essere pagate. Il ricorso è stato accolto sull’estratto di ruolo, il documento sintetico attraverso cui l’agente della riscossione elenca tutte le pendenze esistenti. Con una legge approvata il 17 dicembre 2021 il parlamento ha deciso che gli estratti di ruolo non possono essere impugnati.
Per i giudici palermitani questo vale dai ricorsi presentati dopo l’entrata in vigore della legge del 2021. “La norma applicata renderebbe inammissibile circa il 40 per cento dei giudizi in cui si constatano errori di notificazione. Si tratta – dice l’avvocato Dagnino – di una norma che peggiora il rapporto fra Stato e contribuente oltre che dai seri dubbi di legittimità costituzionale”.