Era il 2018 quando l’allora ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio annunciò l’introduzione della figura del navigator in supporto all’erogazione del Reddito di cittadinanza. Dopo 3 anni, circa 2300 Navigator, di cui 400 solo in Sicilia, rischiano di scomparire. Il 31 dicembre infatti, in caso di mancata proroga dell’ incarico, il loro contratto scadrà aprendo così un grande interrogativo sul futuro.
Sin dalla loro assunzione nel 2019, i navigator sono stati al centro del dibattito sul reddito di cittadinanza e della riforma del mercato del lavoro ma in pochi hanno approfondito la loro figura e il loro ruolo. È proprio con questo obiettivo che nasce il libro ‘Navigator (a vista)’, scritto dall’Associazione Nazionale Navigator (A.N.NA) e presentato lunedì 6 dicembre a Palermo, nella Sala delle Carrozze a Villa Niscemi.
Il volume racchiude varie testimonianze dirette dei Navigator raccolte dall’Associazione Nazionale Navigator attraverso un contest letterario. Tra ‘storie di vita’, testimonianze e riflessioni, ciascun contributo approfondisce uno o più aspetti dell’universo composito del Reddito di Cittadinanza, alternativamente rappresentato da visioni opposte ma tutte figlie di pregiudizi e mancanza di riscontro nella realtà. La verità è ovunque e in nessun luogo, ma non si può sperare di avere una visione globale della misura senza averla osservata con gli occhi di chi l’ha seguita passo passo.
Reddito di cittadinanza, politiche attive del lavoro, precarietà e futuro: sono questi alcuni dei temi principali trattati durante la presentazione del libro. Tra i relatori dell’incontro due rappresentanti del mondo dei navigator, Daniele Carra, delegato regionale Sicilia A.N.NA, e Antonio Lenzi, portavoce nazionale A.N.NA, che hanno messo in luce tutte le difficoltà e le fake news che hanno condizionato l’opinione pubblica sul loro operato.
“Questo libro è una specie di selfie sofferto e umanissimo dei navigators – scrive nella prefazione del libro il Domenico De Masi, professore emerito di Sociologia del Lavoro alla Sapienza, intervenuto in collegamento – e dimostra con testimonianze dirette, oneste e incontestabili, come la loro vicenda rappresenti un capitolo vergognoso della nostra storia recente, in cui nessuno si salva eticamente, politicamente, professionalmente, tranne le vittime. E le vittime sono di tre tipi: i 3.000 navigators selezionati scrupolosamente, illusi professionalmente e poi abbandonati vigliaccamente al loro destino; dietro di loro, le centinaia di migliaia di poveri disoccupati e sottoccupati che avrebbero avuto diritto di assistenza competente per la loro collocazione lavorativa e che, invece, hanno subìto indirettamente le angherie cui sono stati sottoposti i navigators; dietro questi poveri, come vittima totale, lo Stato mortificato in una delle sue espressioni più delicate: la sopravvivenza e l’assistenza degli ultimi”.
“La professione che svolgiamo è una parte fondamentale di noi stessi, svolgere una professione definisce chi sei. Quando uno perde il lavoro è ‘disoccupato’, tutto quel tempo che definiva la propria identità non c’è più è finita”. Così ha commentato Stefano Boca, professore ordinario di Psicologia Sociale dell’Università di Palermo. “Una parte importante dei beneficiari del reddito di cittadinanza rappresenta un ritorno al completamento della propria persona: non solo un aiuto a trovare un lavoro ma anche riuscire a ricostruire la propria vita. La tendenza degli ultimi 30 anni a rendere il lavoro sempre più frammentario, sempre meno solido, ha comportato un indebolimento della struttura della società e una fragilità intrinseca delle persone. Una persona con una lavoro precario ha meno certezze rispetto al proprio futuro, meno sicurezza rispetto all’utilità delle proprie competenze”.
“Oggi dobbiamo confrontarci con sviluppi in alcuni settori e stagnazioni ma anche con lo sviluppo tecnologico che sempre più erode risorse umane. Dovremo porci il problema se il mondo è in grado di assorbire di qua al 2050 l’offerta di lavoro e dunque le democrazie, quei paesi con un maggiore sviluppo economico, devono porsi questa domanda che rinvia a quello che è l’argomento di oggi: alle politiche del lavoro, alle misure di sostegno, a stipendi che non consentono di avere un salario di sussistenza”. Ha dichiarato Raimondo Ingrassia, professore ordinario di Organizzazione aziendale e Gestione delle Risorse umane dell’Università di Palermo.
“Non si capisce quali sono i problemi dell’assunzione dei navigator – ha concluso – perché a conti fatti sono pronte due iniziative parallele: una che sono i piani straordinari per il potenziamento dei centri per l’impiego, che sono partiti nel 2019, sui quali c’è tutta una programmazione con centinaia di milioni e poi il PNRR che invece stanzia 600milioni solamente per gli organici nei centri per l’impego. Dunque, dal punto di vista finanziario non vi sono delle difficoltà”.
Il dibattito si è concluso con un focus politico con l’intervento del senatore Stanislao Di Piazza, Segretario della VI Commissione permanente (Finanze e Tesoro). “Il navigator è una professione indispensabile ai fini dello sviluppo e del miglioramento delle politiche attive del lavoro. Al momento si sta cercando di qualificare la professione all’interno dei centri per l’impiego, il problema è quello di trovare le risorse necessarie per svilupparle all’interno della legge di bilancio”. In merito alla posizione e alle proposte del M5S ha dichiarato che “si sta sviluppando una proposta concreta da sottoporre al ministro del lavoro Orlando affinché si possa mantenere la figura del navigator”.