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La crisi degli imperi

Platone e il “mito di Atlantide” nella società moderna: il crollo delle democrazie senza etica

sabato 3 Maggio 2025

Quarto appuntamento di del ciclo dedicato alla rilettura in chiave contemporanea dei grandi miti e delle allegorie di Platone. Oggi ci immergiamo nel racconto di Atlantide: una civiltà potente e avanzata che, secondo Platone, conobbe l’ascesa e la rovina.

Una narrazione antica, ma che risuona sorprendentemente attuale se osserviamo le dinamiche geopolitiche, economiche e sociali del nostro tempo.

 

Nel nostro percorso attraverso i miti e le allegorie platoniche, dopo aver esplorato il Mito della Caverna, la Biga Alata e la Linea della Conoscenza, giungiamo ora a una delle narrazioni più affascinanti e controverse dell’antichità: il mito di Atlantide.

Raccontato da Platone nei dialoghi Timeo e Crizia, il mito appare come una storia che oscilla tra realtà storica e costruzione simbolica. Più che una semplice leggenda, Atlantide rappresenta un monito: la parabola di una civiltà avanzata, potente e ricca, che precipita nella rovina per colpa della sua stessa tracotanza.

Mappa immaginaria di Atlantide dal Mundus Subterraneus di Athanasius Kircher, Amsterdam 1665

In un’epoca in cui le superpotenze si contendono l’egemonia, le disuguaglianze economiche si allargano, la crisi climatica si aggrava e le fondamenta democratiche tremano, Atlantide ci appare come uno specchio oscuro ma rivelatore.

La sua fine non fu provocata da nemici esterni, bensì da un collasso interno, morale e spirituale.

Esattamente ciò che oggi potremmo definire “declino sistemico”.

 

 

Atlantide: un ritratto allegorico del potere in eccesso

 

Secondo il racconto platonico, Atlantide era un’isola oltre le Colonne d’Ercole, abitata da una civiltà straordinariamente avanzata, fondata da Poseidone. In principio giusta e ordinata, la società atlantidea prosperava grazie alla saggezza dei suoi re e alla ricchezza naturale del territorio.

Mappa che riassume diverse ipotesi sulla collocazione di Atlantide nel mar Mediterraneo

Tuttavia, col passare del tempo, il popolo si lasciò corrompere dal lusso, dalla sete di potere e dalla vanità. Quando la parte divina del loro spirito si affievolì, Atlantide cadde vittima della hybris — l’arroganza che offusca il senso del limite.

Platone la mette a confronto con l’antica Atene, che invece — nel racconto mitico — riuscì a sconfiggerla grazie alla sua virtù e moderazione. È un dualismo tra giustizia e potere, tra equilibrio e dominio.

Ma soprattutto è una riflessione sul destino delle civiltà che perdono il contatto con il principio etico e con la misura.

 

Superpotenze moderne: gli imperi dell’oggi

Se osserviamo oggi lo scenario geopolitico globale, il mito sembra più vivo che mai. Le grandi potenze — Stati Uniti, Cina, Russia, Unione Europea, ma anche le élite economico-finanziarie transnazionali — mostrano molte delle dinamiche attribuite ad Atlantide: crescita esponenziale, fiducia incrollabile nel progresso tecnologico, dominio su risorse e territori, orgoglio culturale e nazionalismo. Ma anche perdita di valori condivisi, crisi della coesione sociale, polarizzazione, accumulo smodato di ricchezze, edonismo e logica predatoria.

L’Occidente, in particolare, potrebbe essere letto come un’Atlantide contemporanea: ricco, avanzato, ma internamente disorientato. Negli ultimi decenni, ha vissuto una parabola segnata da una crescita non sostenibile, da guerre economiche e militari, da un’espansione incontrollata dei mercati e delle disuguaglianze. Le crisi sistemiche — dal 2008 fino alla pandemia, passando per il cambiamento climatico e i conflitti energetici — mostrano le crepe sotto la superficie lucente.

La Cina, dall’altra parte, rappresenta una forma diversa di Atlantide: un impero tecnologico e centralizzato che punta su controllo, sorveglianza e potenza produttiva. Anche qui, la crescita è stata impressionante, ma si regge su equilibri fragili, su enormi disuguaglianze interne, su un’espansione urbanistica e industriale che ha un costo umano e ambientale altissimo.

 

“Hybris economica”: la crescita come religione

Una delle chiavi del mito platonico è proprio la crescita illimitata come tentazione. Atlantide non conosceva la moderazione. La ricchezza e la potenza diventarono fini a se stessi. Non è forse questa la stessa logica che guida oggi l’economia globale?

Il dogma del PIL, della competitività, della produttività a ogni costo ha reso cieca la politica. I governi rincorrono la crescita economica anche quando questa è distruttiva: deforestazione, sfruttamento del lavoro, estrazione intensiva di risorse, inquinamento, cementificazione. Il debito ambientale si accumula come una maledizione. E la stessa logica invade anche l’esistenza individuale: l’iperconsumo, la performance, la carriera come misura del valore umano.

La hybris atlantidea è diventata il nostro paradigma economico. E come nel mito, il castigo non arriva da un dio vendicativo, ma dalle conseguenze inevitabili delle azioni.

Il collasso ecologico, il riscaldamento globale, la crisi energetica sono il nostro “sprofondamento negli abissi”.

 

 

Politica e democrazia: la perdita del principio etico

 

Un altro elemento centrale nel mito è la perdita dell’equilibrio etico-politico. Atlantide era inizialmente governata da re saggi e giusti. Ma, con il tempo, il potere si corrompe, i governanti diventano avidi, i cittadini si lasciano guidare dall’egoismo e dalla superbia. Quando viene meno la parte divina dell’anima, dice Platone, prevale la bestialità.

Donald Trump

Nelle nostre democrazie moderne, possiamo osservare fenomeni simili. Il disincanto verso la politica cresce, le istituzioni perdono legittimità, la corruzione e il populismo avanzano. I leader sembrano più interessati all’immagine che alla sostanza, più al consenso immediato che alla costruzione del bene comune. La narrazione politica si svuota di etica per diventare puro marketing.

Laddove un tempo c’era il logos, oggi c’è l’algoritmo. Le decisioni politiche vengono spesso subordinate agli umori dei social network, ai sondaggi, alle convenienze elettorali. Una democrazia ridotta a simulacro, come la splendida Atlantide prima della caduta.

 

 

Il paradosso della conoscenza e della tecnica

Atlantide era anche un impero della conoscenza. Il racconto platonico allude a tecnologie e architetture avanzate, a una società dominatrice del mondo naturale. Anche questo richiama un aspetto cruciale della contemporaneità: la fede cieca nella tecnica.

Viviamo in un’era in cui possiamo esplorare Marte, sequenziare il genoma, creare intelligenze artificiali. Ma tutta questa potenza cognitiva non ci ha resi più saggi. Al contrario, ha aumentato la nostra capacità di distruzione. La tecnica ha superato l’etica, come un carro senza auriga. La saggezza, nel senso platonico, non ha seguito il ritmo della conoscenza.

Il mito di Atlantide ci avverte che quando una civiltà concentra troppo potere senza guidarlo con la virtù, il collasso è solo una questione di tempo.

 

La questione ambientale: Atlantide e il diluvio moderno

Non è un caso che il destino di Atlantide sia quello di essere inghiottita dal mare. L’acqua, nei miti antichi, è simbolo del caos primordiale, del ritorno alla non-forma. Quando la civiltà perde il suo logos, viene spazzata via dal disordine.

studenti clima friday for futureNel nostro tempo, il rischio è letterale. Il livello dei mari si alza, i ghiacci si sciolgono, le isole scompaiono, le città costiere sono minacciate. Gli uragani, le alluvioni e le siccità diventano eventi sempre più frequenti. Atlantide non è più solo una metafora: è una prospettiva concreta.

L’elemento simbolico si intreccia con quello reale: la fine può venire dal mare, come conseguenza della nostra stessa hybris ecologica.

Siamo, per la prima volta nella storia, una civiltà capace di provocare un’estinzione di massa — la propria inclusa.

 

Il tempo del risveglio: scegliere tra decadenza e rigenerazione

Tuttavia, il mito di Atlantide non è solo una profezia di sventura. È anche un invito alla riflessione. Come ogni mito platonico, ha una funzione pedagogica: mostrare un pericolo per stimolare un cambiamento. Se riconosciamo in tempo i segnali del collasso, possiamo scegliere una strada diversa.

La lezione è chiara: serve una rigenerazione etica, culturale e politica. Serve una nuova paideia — un’educazione al limite, alla responsabilità, alla misura.

Serve ripensare l’economia, la tecnica, la governance, a partire da un nuovo rapporto con la natura, con il tempo e con gli altri. Altrimenti, ci risveglieremo troppo tardi, e troveremo solo rovine sommerse.

 

 

 

 

Atlantide: il mito eterno tra cultura, cinema e letteratura

Atlantide ha attraversato oltre duemila anni di storia, trasformandosi da racconto filosofico a simbolo universale della civiltà perduta. Platone immaginava un’isola potente e avanzata, sprofondata negli abissi a causa della sua superbia. Da allora, il mito si è adattato a epoche, culture e linguaggi diversi, diventando una fonte inesauribile di ispirazione.

Francis Bacon – New Atlantis

In letteratura, Atlantide ha nutrito l’immaginazione di autori di ogni secolo. Francis Bacon ne rielaborò l’idea nella sua Nova Atlantis (1627), immaginando una società utopica basata su scienza e progresso.

Nel Novecento, Pierre Benoit, con Atlantide (1919), e Edgar P. Jacobs, con L’enigma di Atlantide, portarono la leggenda nei territori dell’avventura e della fantascienza, fondendo antichità e modernità. Atlantide, infatti, è spesso rappresentata come l’emblema di un equilibrio infranto: una civiltà che, proprio nel raggiungimento del suo apice, precipita nella rovina.

 

 

Aquaman

Il cinema ha offerto versioni ancora più spettacolari. Dal Atlantis (1930) di G. W. Pabst fino al film d’animazione Atlantis: L’impero perduto della Disney (2001), il mito è stato reinterpretato in chiave fantasy, fantascientifica o ecologista.

Anche Aquaman (2018) riporta Atlantide al centro dell’immaginario contemporaneo, presentandola come una società sommersa sopravvissuta e tecnologicamente avanzata. Le sue trasposizioni cinematografiche riflettono spesso le paure del presente: catastrofi climatiche, collassi sociali, crisi della politica.

Nella cultura popolare, Atlantide ha alimentato teorie pseudoscientifiche e suggestioni esoteriche. A partire dal libro Atlantis: The Antediluvian World di Ignatius Donnelly (1882), l’idea di una Atlantide realmente esistita ha trovato spazio nei documentari, nei romanzi, nei fumetti e persino nei videogiochi.

Non è raro vederla evocata anche nella musica: da Donovan (con “Atlantis” nel 1968) a Led Zeppelin, molti artisti hanno intinto nella leggenda il colore delle loro liriche.

 

Il mito come diagnosi e come bussola

 

Atlantide è il mito di un mondo che somiglia al nostro. Ma non è una sentenza inappellabile. È una lente che ci permette di leggere le nostre contraddizioni, le nostre debolezze, le nostre illusioni. È una narrazione che ci dice che la vera grandezza non sta nel dominare, ma nel sapere quando fermarsi.

 

Che la civiltà non è solo potenza, ma giustizia, equilibrio e senso del limite.

Nel tempo della crisi permanente, i miti antichi non sono vecchie storie: sono mappe per orientarci nel buio. Platone, con la sua Atlantide, ci ha lasciato un avvertimento che parla al cuore del nostro tempo. Sta a noi decidere se ascoltarlo.

Oggi, Atlantide è il riflesso di una tensione permanente tra il desiderio di progresso e il timore dell’autodistruzione. In un’epoca segnata da cambiamenti climatici e crisi globali, la metafora platonica si fa più attuale che mai: ci ricorda che nessuna civiltà è eterna, e che la hybris — l’orgoglio eccessivo — resta il nemico più grande dell’uomo.

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