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Il rapporto

Posto fisso e crisi dei Comuni: in Sicilia la Pubblica Amministrazione resta ancora indietro

giovedì 10 Aprile 2025

La Pubblica Amministrazione è in crisi. Non è un segreto nè una rivelazione mistica, ma l’amara realtà dei fatti che gli Enti locali si trovano ad affrontare giorno dopo giorno. Pratiche alla deriva e iter burocratici con tempi biblici sono frutto di un’autonomia amministrativa mortificata e di un ricambio generazionale praticamente inesistente.

A descrivere questo fenomeno nel dettaglio, è il recente rapporto della Fondazione Ifel (Istituto per la Finanza e l’Economia Locale) sul personale dei Comuni italiani.

Un comparto che fatica a crescere

Secondo il rapporto, dopo vent’anni in negativo, nel 2023 si è registrato un numero di assunzioni a tempo indeterminato maggiore al personale in uscita. Circa 29.275 nuovi dipendenti contro i 28.973 che hanno timbrato per l’ultima volta il cartellino.

Una magra consolazione, che assesterebbe la forza lavoro nei comuni italiani a circa 343.500 unità. L’aumento del personale è originato soprattutto al Sud e nelle Isole, grazie anche alla stabilizzazione dei contratti dei LSU portata avanti negli ultimi anni con interventi mirati, ad esempio, nei comuni al di sotto dei 5000 abitanti. A rimanere in una situazione di impasse sono, d’altro canto, i comuni con più di 250.000 abitanti, in cui non si è registrato un aumento del personale.

“È un segnale positivo – spiega Mario Alvano, segretario generale di Anci Sicilia (Associazione Nazionale Comuni Italiani) – ma se uno guarda i dati nel loro complesso e soprattutto se facciamo un’ipotesi su ciò che può accadere nei prossimi anni, purtroppo è un dato che non ci incoraggia molto. Perché il dato complessivo è quello di una progressiva diminuzione verticale del numero dei dipendenti e anche delle professionalità all’interno degli enti locali. Questo è il dato sostanziale”.

Piccoli passi avanti che, però, non bastano. Negli ultimi 17 anni il personale della PA ha subito una riduzione quantitativa pari a quasi un terzo dell’organico che, nel 2007, ammontava a 479.233 unità. Un crollo del 28,7%, almeno al 2023.

Mario Alvano, segretario generale Anci Sicilia

Posto fisso: morte di un mito

Un crollo causato da molteplici fattori, che ha di fatto paralizzato il turnover: il rifornimento delle schiere comunali non è, infatti, penalizzato soltanto dai pensionamenti, ma anche dalle dimissioni volontarie. Si stima che nel periodo 2017-2023 si sono dimesse dai comuni per cause diverse dal pensionamento ben 95.825 persone. Un dato che prova un’attrattività in calo per il celebre “posto fisso”, dovuto a limitate possibilità di crescita e formazione professionale e, soprattutto, a retribuzioni modeste, rispetto ad altri tipi di enti locali.

Un giovane che deve scegliere tra un concorso in un ministero e uno in un comune tende a preferire il ministero: la retribuzione è più alta e le responsabilità sono minori” continua Alvano. Lavorare in un ufficio tecnico comunale, invece, comporta grandi responsabilità: ogni firma può avere conseguenze importanti e si è chiamati a rispondere personalmente degli atti. Questo vale anche per altri settori della pubblica amministrazione locale, dove la carenza di personale spesso costringe i pochi dipendenti a sobbarcarsi molte responsabilità, senza un’adeguata retribuzione. È evidente che bisogna intervenire, riducendo il carico di responsabilità o aumentando le risorse economiche per rendere questi ruoli più attrattivi”

Basti pensare che per il personale comunale che rientra nella categoria A del CCNL (gli addetti con mansioni più semplici e prevalentemente esecutive) è prevista una retribuzione annua lorda pari a 22.338 euro, mentre negli uffici regionali la stessa categoria contrattuale percepisce 26.382 euro lordi all’anno.

La difficile gestione della spesa pubblica

La carenza di personale qualificato negli uffici, le difficoltà di integrazione con le nuove tecnologie e l’adattamento alle novità normative hanno messo sotto pressione l’intera macchina burocratica. Un caso emblematico è quello del PNRR, con una mole di investimenti e progetti che ha finito per gravare sui dipendenti comunali.

Secondo il segretario generale, Gli enti locali hanno fatto un enorme sforzo con il PNRR, raggiungendo numeri significativi paragonabili a quelli di altri settori, inclusi alcuni ministeri. Tuttavia, la situazione resta difficile. Il problema principale è che le stesse persone impegnate nella gestione dei progetti PNRR devono anche occuparsi delle opere quotidiane, e in molti piccoli comuni, dove spesso c’è un solo ingegnere, la situazione è insostenibile”.

Per dare un’idea del carico di lavoro, nel 2017 i dipendenti preposti all’area “Pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale”, ossia il dipartimento dedicato alle opere pubbliche e agli investimenti comunali, erano 54.500. In quell’anno la spesa in investimenti pubblici comunali ammontava a 8,3 miliardi di euro.

Nel 2023, il numero degli addetti alle opere pubbliche è sceso a 52.500, ma la spesa ha raggiunto i 16,3 miliardi di euro di investimenti fissi lordi comunali. Significa che se nel 2017 un dipendente comunale dell’area Pianificazione “gestiva” 152.000 euro destinati alle spese pubbliche, nel 2023 il rapporto spesa/dipendente ammonterebbe a 310.000 euro.

Il rapporto Ifel propone una proiezione per il 2024, facendo lievitare, infine, questa cifra a ben 363.000 euro per dipendente, a fronte di una spesa pubblica pari a 19,1 miliardi di euro.

“Il vero tema è la specializzazione – racconta Mario Alvano – legata alla complessità delle normative per gli enti locali. Lo Stato impone regole che i comuni non riescono a seguire, soprattutto nelle assunzioni. In Sicilia, la difficoltà normativa si aggiunge alla crisi finanziaria dei comuni, che non riescono a assumere nemmeno quando ne hanno bisogno per gestire i problemi economici”.

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