Monta la delusione e la rabbia dei lavoratori precari Asu siciliani che da circa 20 anni lavorano presso gli Enti locali della Regione. Dopo l’incontro di ieri, conclusosi con un nulla di fatto, tutte le organizzazioni sindacali si sono espresse in modo duro e deciso. Nel mirino il governo regionale e l’Assemblea regionale siciliana. Entrambi, infatti, secondo i sindacati, condividono la responsabilità di non aver attivato le iniziative indispensabili all’avvio dei percorsi di stabilizzazione.
“Pur apprezzando la buona volontà del Dirigente Generale Dr.ssa Garoffolo e del Dr. La Rocca presenti al tavolo in rappresentanza della Regione Siciliana – ha detto il segretario regionale del Sinalp Andrea Monteleone – l’incontro non ha partorito alcun risultato. Riteniamo corretto ricordare a tutti coloro che seguono l’annosa questione della stabilizzazione di circa 5.200 precari ASU che al primo incontro le OO.SS. autonome avevano proposto una soluzione unitaria alla stabilizzazione del comparto”. Nei mesi scorsi i sindacati avevano presentato una proposta di legge per sbloccare le stabilizzazioni e diversi disegni di legge si trovano all’Ars da tempo in attesa che vengano discussi.
Per questo le organizzazioni sindacali puntano il dito contro governo e parlamento. “Rispettiamo la Dr.ssa Ippolito (l’assessore regionale alla famiglia, ndr) assente per problemi di salute“, scrive il Sinalp, “ma non possiamo assolutamente accettare la mancanza di sensibilità politica e sociale dimostrata dagli altri rappresentanti della politica siciliana che di fatto dimostrano di non considerare importante il problema”. Dal Csa arriva un appello all’Ars per chiedere una seduta dedicata.
Anche sulla gestione dei pagamenti non mancano critiche. “Continuiamo a denunciare le criticità e le diversità temporali di accredito dei sussidi ai lavoratori non più tollerabili – scrive il Csa – con grande disagio per gli stessi e le loro famiglie, nell’assurda incertezza che dopo avere fornito la prestazione lavorativa con precisione e certezza, i lavoratori devono subire questi ritardi cronici. Questo non è tollerabile non solo perché la normale dinamica del mondo del lavoro dice che a prestazione corrisponde il pagamento, in questo caso i lavoratori non hanno riconosciuto il loro diritto e non possono programmare le ordinarie attività familiari”.