“L’unica soluzione per mantenere la sanità non a pagamento è agire sulla prevenzione, fare in modo che la gente si ammali poco, attraverso l’educazione alla salute, fin nelle scuole“. A sostenerlo è da tempo il ministro Orazio Schillaci.
Fondamentale anche il ruolo dei medici di base: “Dobbiamo arrivare a spedire mail a casa per dire quali esami fare in base all’avanzare dell’età e daremo delle agevolazioni a chi segue i consigli”.
Un’efficace prevenzione, applicata alla sicurezza alimentare, garantisce la salvaguardia della salute umana e, allo stesso tempo, anche un risparmio economico, come dimostrano i dati pubblicati dall’Economic Research Service (Ers).
Il Piano nazionale della prevenzione 2020-2025
Piano nazionale della prevenzione 2020-2025 mira a garantire sia la salute individuale e collettiva sia la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale secondo un approccio multidisciplinare, intersettoriale e coordinato. L’attenzione alla centralità della persona e della comunità, è un elemento centrale del piano nella consapevolezza che la salute è determinata non solo da fattori biologici o comportamenti individuali, ma anche da fattori sociali ed economici da affrontare anche per assicurare un approccio di equità.
Il Piano ribadisce, inoltre, un approccio One Health che considera la necessità di una visione organica e armonica delle relazioni tra ambiente-animali-ecosistemi umani per affrontare efficacemente i rischi potenziali, o già esistenti, per la salute, tenendo conto dell’esperienza della pandemia da Covid-19.
In Sicilia
La Regione ha percepito e messo in atto il piano. Le aziende sanitarie pubbliche costantemente attivano campagne di screening ed invitano la popolazione di età a rischio con una lettera personale a recarsi a fare i test, indicando data e luogo. Le aziende ospedaliere, inoltre, creano iniziative di informazione e prevenzione costantemente.
I dati, però, evidenziano forse un disinteresse dei cittadini alla propria salute.
Gli screening di cui è stata riconosciuta la capacità preventiva sono:
- tumore al seno: mammografia rivolta soprattutto alle donne fra i 50 e i 69 anni di età;
- tumore all’utero: pap test rivolti alle donne fra 25 e 64 anni di età;
- tumore al colon: test del sangue occulto nelle feci, rivolto a uomini e donne fra 50 e 69 anni di età.
La positività al primo test non indica necessariamente che si è malati, ma che sono opportuni ulteriori approfondimenti diagnostici. I test di screening vanno ripetuti a intervalli regolari di 2 anni per quelli del seno e del colon e 3 anni per quello dell’utero, e non è necessario ripeterli più spesso. Aderire agli inviti delle campagne di screening è importante.
Questi screening, difatti, hanno lo scopo di individuare alcuni tumori in fase pre-clinica, cioè prima che diano sintomi e che si trovino in fase avanzata.
Gli screening oncologici, in Sicilia, mostrano una partecipazione che varia dal 15% al 40%. I dati sono dinamici, anche perché mutano in base ai periodi.
Nello specifico, per il colon e il pap test la media regionale è del 20%. Che aumenta nel caso di screening al seno, fino ad arrivare di poco sopra il 40%.
Ma quanti sono i fondi a disposizione per la prevenzione?
“Il 5% del fondo sanitario è dedicato alla prevenzione ma o non viene speso tutto o non viene ben speso. Non ci sono dei programmi ben progettati, coordinati in sinergia tra i soggetti promotori e questo fa si che si spende di più e con pochi risultati. Inoltre, in un sistema che fa acqua da tutte le parti, scatta anche un meccanismo psicologico: “Ma se sto bene perché mi devo far curare?“. Dobbiamo fare di più”, dice Luigi Galvano, segretario regionale della Fimmg.
“A centro-sud i programmi di screening faticano ad affermarsi – aggiunge il dottor Mario Valenza dell’Uo Centro gestionale screening Asp Palermo -. In Sicilia molto si sta facendo per promuoverli. Sono percorsi assistenziali di qualità dove è essenziale garantire l’appropriatezza e la totale presa in carico multidisciplinare dell’assistito nel caso in cui dovessimo riscontrare una positività ai test di screening. Non basta dire che l’offerta è gratuita. Partecipare è un diritto e anche un dovere perché contribuisce ad elevare lo stato di benessere della popolazione. Deve essere promossa la cultura della prevenzione e questo è un processo molto lento che coinvolge tutta la società”.
Il ruolo dei medici di medicina generale
“La Regione siciliana già da diversi anni ha dato mandato alle Asp affinché i medici di medicina generale possano avere contezza delle persone da loro assistite che non rispondono alle lettere di invito a partecipare agli screening oncologici, nonostante tali lettere siano firmate congiuntamente dal proprio medico oltre che dal responsabile degli screening dell’Asp. Ciò avviene mediante un elenco che le Asp inviano periodicamente ai medici”. Ad evidenziarlo è Francesco Magliozzo, presidente provinciale della Società italiana di Medicina generale e delle cure primarie.
“Già da quattro anni le Asp hanno realizzato dei sistemi informatici che consentono l’accesso ai medici di medicina generale, i quali possono non solo visualizzare l’elenco dei pazienti che non rispondono alla lettera di invito – prosegue -, ma possono prenotare direttamente i vari test di primo livello (mammografia, pap-test, sof-test) direttamente nella piattaforma aziendale, mediante un “counselling” rivolto agli stessi, concordando con i pazienti cosiddetti “non-responder”: la sede, la data e l’orario più comodo per eseguire tali test. Purtroppo è vero che la partecipazione dei nostri assistiti, a livello regionale, è ancora scarsa. Ritengo che lo sforzo nel fare superare eventuali remore, tabù o false informazioni in possesso dei nostri assistiti, debba essere fatto da tutti gli attori del sistema sanitario nazionale e dai medici di famiglia in prima linea, forti del “rapporto di fiducia” che lega un assistito al proprio medico di famiglia; ruolo importante riconosciuto anche dal ministero della Salute”.