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Processo firme false M5S, le motivazioni: “Compromessa la regolarità delle elezioni a Palermo”

venerdì 10 Luglio 2020
firme false m5s iene

La falsificazione di almeno 1.175 firme a sostegno della lista del Movimento 5 stelle alle elezioni comunali di Palermo del 2012, compromise la regolarità delle consultazioni, dato che consentì a un candidato sindaco come Riccardo Nuti e alla sua lista, pur non avendone titolo, di prendere parte alla competizione elettorale. Lo scrive, nelle 97 pagine con cui spiega la propria decisione, il giudice monocratico della quinta sezione del tribunale di Palermo Salvatore Fausto Flaccovio, che il 10 gennaio condannò 12 ex deputati nazionali e regionali pentastellati, attivisti e simpatizzanti, più un avvocato e un cancelliere che autenticò le sottoscrizioni senza avere assistito, come avrebbe dovuto, alla materiale apposizione da parte degli elettori.

Nella motivazione, depositata nelle scorse settimane, il giudice, che ha accolto le richieste del pm Claudia Ferrari, riconosce la bontà della collaborazione di Claudia La Rocca, ex deputato regionale del M5S, che, assieme ad altri imputati, ha dato un contributo alle indagini. Il giudice scrive che l’ex parlamentare nazionale Nuti probabilmente non partecipò “alla materiale contraffazione delle firme, ma prese parte alla decisione di commettere il reato, determinando o rafforzando il proposito criminoso degli altri, al fine di evitare una possibile esclusione della sua candidatura”.

Nella notte tra il 2 e il 3 aprile 2012, per rimediare a un errore nella compilazione della lista, fu decisa la ricopiatura delle firme raccolte. Un sistema che, secondo il tribunale, “si è tradotto in un artificio idoneo a inficiare nel suo complesso la regolarità delle operazioni di voto”. Ancora, il giudice esclude che vi siano stati intenti calunniatori e ricorda che la consulenza del pubblico ministero ha espresso un “giudizio di compatibilità” con la grafia di alcuni imputati che avrebbero ricopiato le firme. Escluso anche il complotto: l’ipotesi di un “pretesto per danneggiare politicamente lo stesso Nuti e gli attivisti del movimento che gli erano più vicini” non regge perché i primi anonimi risalgono “al 2013, in epoca anteriore al sorgere di tale lotta politica”.

Le condanne per Nuti e per le altre ex deputate nazionali Giulia Di Vita e Claudia Mannino, degli attivisti Samantha Busalacchi, Tony Ferrara, Alice Pantaleone e Stefano Paradiso, furono di un anno e dieci mesi a testa, mentre un anno lo hanno avuto La Rocca, Giorgio Ciaccio e Giuseppe Ippolito, che hanno dato un contributo all’accertamento della verità. Un anno e sei mesi infine all’avvocato Francesco Menallo e al cancelliere Giovanni Scarpello. Il processo è comunque già prescritto, a meno che gli imputati non rinuncino alla prescrizione.

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