“Così s’insigna a fare l’avvocato“: con queste parole Antonino Abbate, tra gli imputati dell’omicidio del penalista Enzo Fragalà, avrebbe spiegato al complice Antonino Siragusa il movente del brutale delitto.
A raccontarlo in aula ai giudici della corte d’Assise che celebrano il processo per l’assassinio del legale, è stato oggi proprio Siragusa, alla sbarra insieme a Francesco Arcuri, Salvatore Ingrassia, Abbate, Paolo Cocco e Francesco Castronovo.
Siragusa nei mesi scorsi si è autoaccusato del delitto, pur ridimensionando il suo ruolo, e ha dato una sua versione dell’agguato che in molti punti è in contrasto con quella del pentito Francesco Chiarello, il collaboratore di giustizia che con le sue dichiarazioni ha fatto riaprire le indagini.
Siragusa, che è ritenuto allo stato dai pm un mero dichiarante, ha reso nei mesi differenti ricostruzioni dei fatti. “Volevo sembrare più credibile“, si è giustificato col pm oggi quando gli venivano contestate le discrepanze tra le diverse storie riferite.
Ad Abbate, arrivato davanti allo studio di Fragalà insieme a lui in auto, Siragusa avrebbe chiesto perché non si era deciso di sparare alla vittima invece del pestaggio poi sfociato nell’omicidio.
E Abbate avrebbe risposto che l’uso di un’arma da fuoco avrebbe più facilmente ricondotto la responsabilità a loro, i mafiosi del Borgo Vecchio che, nella versione dei pm, avrebbero voluto punire l’avvocato perché in più di un’occasione aveva convinto i clienti ad ammettere le proprie responsabilità e a dare delle indicazioni ai magistrati.
Ma quali sono i punti in cui le ricostruzioni del pentito Chiarello e del dichiarante Siragusa divergono? Secondo Chiarello, che racconta di aver preso parte solo alla fase preparatoria dell’omicidio, ad uccidere Fragalà sarebbero stati Francesco Arcuri, che avrebbe organizzato l’aggressione su ordine del boss di Porta Nuova Gregorio Di Giovanni (mai arrestato perchè non ci sarebbero elementi sufficienti a suo carico), Antonino Abbate, Siragusa e Salvatore Ingrassia.
I tre avrebbero atteso fuori dallo studio il penalista, l’avrebbero immobilizzato e pestato, Francesco Castronovo e Paolo Cocco invece, probabilmente sotto effetto di droga, l’avrebbero preso a bastonate spaccandogli il cranio.
Il legale, da subito apparso gravissimo, è morto dopo tre giorni di coma. Siragusa, invece, arriva a sostenere che Cocco e Castronovo non avrebbero partecipato all’agguato e discolpa pure Arcuri.
L’aspirante pentito, inoltre, sfuma il suo ruolo nel delitto sostenendo di essersi limitato a recuperare la mazza usata dai killer. Al pestaggio non avrebbe partecipato, rimanendo in auto mentre Abbate massacrava Fragalà. I killer nella versione di Siragusa sarebbero dunque Abbate e Ingrassia.
Siragusa, poi, avrebbe distrutto, incendiando la “campana” per il vetro in cui era stata buttata, l’arma usata. Contro la ricostruzione del dichiarante, però, c’e’ una intercettazione chiave per i pm, quella in cui Cocco, non sapendo di essere ascoltato, dice alla moglie: “Per il fatto dell’omicidio può essere che poi mi vengono a cercare. Che c’ero pure io esce?”.
Mentre Siragusa sostiene di aver saputo particolari del delitto per avervi preso parte, Chiarello, inoltre avrebbe appreso della dinamica a Ingrassia e da Castronovo, suo intimo amico, che la sera dell’aggressione sarebbe andato a casa sua con i vestiti sporchi di sangue confessando tutto.
Infine, mentre Chiarello sostiene che della mazza usata per il pestaggio si sarebbero disfatti Ingrassia e Siragusa rivolgendosi a una persona che vende pedane vicino all’Ucciardone, Siragusa dice che sarebbe stata bruciata.
Leggi anche:
Delitto Fragalà, in aula il dolore della figlia in lacrime: “Era ritenuto avvocato sbirro”