Carissimi
Ho conosciuto le vere autorità, coloro che lavoravano su strada, coloro che portavano avanti le loro botteghe, coloro che decidevano chi potesse entrare o ancor peggio, chi potesse citofonare e cioè quella figura mitologica denominata “portiere” (non il moderno portiere custode) ma il portiere di portineria.
Quanti ricordi, mi piaceva così tanto l’idea di poter giocare con libertà sul marciapiede con i loro figli, senza il dover costantemente salire e scendere da casa che giunsi da piccolo a fare una proposta in famiglia: “perché non ci compriamo una portineria?”
Il fascino di quei piccoli alloggi multifunzionali, quasi quanto la cucina di Norimberga, nei piani semiinterrati, nei quali oggi non avrei alcuna difficolta a mandare l’ASP e l’ufficio del lavoro per sigillarli, ma che al tempo erano mitici covi di libertà, è stato per me di esperienza vitale, facendomi crescere non schifiltoso.
Che ne è stato di queste figure “mitologiche, mezzo uomo e mezza guardiola”? Sono rimaste in poche e con il passare del tempo con l’avvento dei videocitofoni, gli inquadramenti contrattuali e diciamolo pure il braccino corto di molti condomini, una volta che anche la stessa posta è diminuita viaggiando per i vettori informatici, hanno fatto perdere di autorevolezza queste figure abolendole.
Ormai nei nostri quartieri residenziali sono tantissimi i portoni chiusi, ma prima non c’era portone che non avesse un portiere. Ci fu un periodo addirittura in cui questi portieri venivano da colonie geografiche ben identificate, ad esempio non era difficile trovare nei quartieri residenziali di un certo tipo, portieri provenienti dalle Madonie, dall’Agrigentino, poi il mondo del lavoro è cambiato grazie alle assunzioni nel pubblico attraverso una formazione mirata, così da avere oggi da questi territori più direttori generale che mancati “portieri” con una “portineria avviata” per dirla alla Totò, ma di certo con meno autorevolezza.
Come dicevamo il portiere che era una figura che spesso parlava un dialetto quasi incomprensibile, rappresentava un’autorità per noi bambini (sia che egli avesse la divisa, in rari casi, sia che egli fosse praticamente vestito in abiti che chiamerei “civili”) sempre inseguiti dal suo bastone di scopa e da imprecazioni più astruse dell’aramaico.
“Nella mia memoria ci sono state delle figure importanti basilari per la mia crescita”.
Che ne fu, ad esempio, di Ignazio (Raid), il quale mandò avanti la moglie per prendere questo incarico prestigioso a tal fine da lasciare un posto sicuro in fabbrica e ben remunerato (rispetto all’Italia) da emigrato in Germania? quando giunse qui con un bel cappello con le piume e il suo costume bavarese fuori contesto, capimmo tutti che il mondo stava cambiando e si stavano ponendo le basi della libera circolazione dei lavoratori nella Comunità Economica Europea dell’epoca.
Ignazio non parlava tedesco, ma purtroppo non parlava più neanche la sua lingua natia, qualunque fosse stata, quasi certamente l’italiano, ma con qualche parola sicula girgentana si riuscì a comunicare.
E che Dio abbia in gloria, il mio caro Michele che come tutti i portieri si fregiava dell’appellativo di “Don” pur non essendo un sacerdote e non essendo di certo un mafioso, anche lui di ritorno da una esperienza migratoria in Germania, fu per me di insegnamento sull’importanza del calcolo probabilistico, in quanto alla richiesta di informazione: “è in casa …….?” La risposta era sempre la stessa e rassicurante …… “io nun l’ha visto passari!”
E che ne fu di un’altra figura mitica quale Don Peppino, portiere di Piero, mio collega universitario, il quale si addormentava leggendo il giornale mentre “qualcuno” (non faccio nomi, ma di certo uno che fumava, io no) in maniera molto scellerata gli appiccava il fuoco da sotto il quotidiano per svegliarlo (oggi il mio scellerato amico è un pezzo grosso dei VVF).
Ma diciamolo francamente l’esperimento da “piccolo Grisù” serviva soltanto non per vedere svegliare e sobbalzare Don Peppino, ma per vedere uscire dal bugigattolo con il grembiule unto di sugo e con un bastone, la minuta moglie del portiere (alta un metro e spiccioli) che dopo aver bastonato il marito si scagliava verso di noi pronunciando la mitica frase: “iti a ghiucari cu li parigi vostri!”
Chi ci avrebbe tolto dalla mente che Don Peppino andava spesso a giocare a Parigi?
E del mitico Cesare? Lui non Don. poiché la portiera ufficiale era la moglie che sostituiva sovente al bancone, tipico portiere che passava il tempo a studiare il giornale “il cavallo” e che spendeva, diciamo meglio, sperperava tutto quello che guadagnava dal suo ruolo, dietro le corse dei cavalli, quando non dormiva sul posto di lavoro.
Porto ancora nel cuore Francesco (anche lui portiere consorte) importante per me, perché lui non era un portiere, era finito per fare ciò per vicissitudini di una vita complicata, ma era un’artista, dipingeva in quella scantinato e io passavo le mie giornate ad ammirarlo mentre disegnava improponibili nudi femminili in uno stile intermedio tra Modigliani e Picasso.
E’ cambiato tutto, oggi siamo davanti ad un concetto di “portiere 2.0”, essendo diminuita la vendita di quotidiani cartacei il nuovo portiere, dove esiste, oltre a ricevere la posta intrattiene “talkshow” improvvisati con gli schiffarati condomini sui temi più disparati altro “Cecchi Paone o Klaus Davi”, mantenendo la su postura “assittata”, unico retaggio mitologico o addirittura intrattenendo i passanti davanti al portone se il palazzo è su strada di buon transito.
Oggi con il recapito dei pacchi, la posta elettronica questa figura si è completamente trasformata ed è in esaurimento, soppiantata anche da società che forniscono il servizio di pulizia delle scale con periodicità settimanale.
E’ una grande tristezza non avere più il portiere seduto dietro la sua Guardiola e non potere chiedere: “si è visto passare …… è arrivato …” ricevendo sempre risposte dubbiose frutto di certo non di grande garanzia di efficienza, ma di una esperienza, emblema di un mondo che fu. Un abbraccio, Epruno