Carissimi
Mi fido ormai soltanto di ciò che vedo e sento personalmente.
Tutto è social, tutti sono influencer, tutto diventa occasione di talk show.
Come si può fare, senza esser testimone nelle zone dove i fatti accadono o senza esser protagonista delle vicende a potersi costruire la propria idea non influenzata?
È difficile.
Sono meravigliato di tanto chiacchiericcio che probabilmente è frutto dell’influenza dei social che sono riusciti in alcuni casi a cambiare anche delle impostazioni ataviche del nostro carattere, prima legato al “cu picca parra, picca sgarra” e oggi invece ribalta, dove tutti vogliono parlare e devono sparare la propria minchiata facendola passare per verità.
Tutti oggi, devono apparire, a volte identificandosi e togliendo qualunque testimonianza dell’essere cretini, cosa che fino a quel punto, restando zitti avrebbe lasciato margini al beneficio del dubbio.
Proprio per quanto sopra bisogna filtrare ciò che sentiamo e non fidarci mai del sentito dire, ma state certi che a furia di raccontarci certi fatti, finiamo per convincerci che quanto sentito possa esser la verità lasciandoci sempre una porticina quale via d’uscita, nel momento in cui dovessimo scoprire che siano tutte fandonie, porgendo le formali scuse.
Tutto diventa occasione per organizzare improvvisati talk, dicevamo, e il palermitano è sempre più un opinion leader, allineato con il potere, critico con ciò che i suoi governanti fanno e si tiene aggiornato copiando le sue opinioni da ciò che dicono i media.
Oggi che il tema dominante è la politica estera, da quando il primo ministro non appena eletto ha iniziato a girare il mondo per ricostruire l’immagine di una Italia alla ricerca di una credibilità internazionale, per lui uomo vivente alle falde del monte Pellegrino è diventato più difficile costruirsi una opinione, senza poterla leggere nel quotidiano locale tra le pagine sportive e allora ha finito per parafrasare il mondo dello sport e il “tifo”, trasformando tutto in beghe di campanile e te ne accorgi dai discorsi persi afferrati in occasione di spontanei assembramenti.
Come molti sanno, i posti che costringono i palermitani alla principale violenza mentale, “il turno” o “la fila”, sono quei posti dove nella lunga attesa finisci per scambiare parole, opinioni, con gente che non hai mai visto.
Se non fossero le sedie di una sala d’attesa potrebbe sembrare uno studio televisivo.
Bastano due persone sedute che iniziano a parlare dei propri problemi di salute che li hanno portati in quella sala d’aspetto che ecco una volta esauriti gli argomenti “ufficiali”, la conversazione finisce per scivolare sui fatti dell’attualità, complice un monitor acceso a parete, a volume abbassato, o un giornale dimenticato nella sedia accanto.
Due persone costituiscono la base minima per un dialogo, ma è soltanto quando giunge a sedersi una terza persona accanto, inizialmente silente, che si creano le condizioni per il talk.
Credetemi, sui fatti di guerra ad esempio sulla Striscia di Gazza, ho sentito in TV i migliori opinionisti, esperti, ambasciatori, militari, inviati di guerra direttori ma nessuno di loro ha saputo dirmi, dopo avermi riempito di migliaia di parole, per quale motivo questi fatti accadono, ma soprattutto perché costoro, le parti in causa, hanno fatto tutto ciò, fin quando, l’altra mattina in una sala d’aspetto di un ambulatorio medico, il miglior commento esaustivo sulle vicende della guerra l’ho sentito dall’omino che tutto il tempo aveva condiviso con me l’attesa seduto accanto nella panchina con il numero per il turno successivo al mio, davanti alle truci immagini dei notiziari H24 sul monitor nella parete difronte a noi, raccogliendo una involontaria esternazione “tutto ciò è terribile”, mi rispose “avirità!”
Allora percepito che eravamo connessi e che costui stava seguendo ciò che anche io vedevo, giratomi verso di lui, ho continuato a chiedermi a voce alta e di fatto a chiedergli: “ma perché fanno tutto ciò?”
“Picchi su curnuti!” Risposta dell’omino, sintetica e comprensibile.
Gioco, partita, incontro nessuno fino a questo momento tra i “Rampini e i Floris di turno” aveva saputo rendere l’idea meglio.
Un abbraccio, Epruno.