La morte del gentleman della tv, Fabrizio Frizzi, scomparso stanotte all’età di 60 anni, riporta alla mente uno degli episodi della storia della televisione italiana, riguardanti la Sicilia.
Era il 23 maggio 1992, giornata nera per la Strage di Capaci in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta. Allora non esistevano ancora programmi all news, in stile “Porta a Porta” o “Matrix”.
Alla Rai imposero a Frizzi di andare comunque in onda la sera con la puntata finale di “Scommettiamo che…?”, nonostante lui – anni dopo – rivelò di essersi opposto.
Il garbo con cui gestì quel momento resta indimenticabile, nonostante le polemiche che lo accompagnarono per giorni. Frizzi aprì la trasmissione così: “Come tutti voi, siamo colpiti per le notizie che sono appena giunte da Palermo. Ci siamo chiesti se fosse opportuno andare in onda avendo noi una puntata conclusiva, piena di voglia di fare festa. Però abbiamo pensato che fosse giusto non mancare all’appuntamento. Cercheremo di fare il nostro lavoro nel miglior modo possibile senza però dimenticare la tragedia avvenuta e l’orrore che proviamo come cittadini”.
L’anno successivo, nel 1993, rivelò a Repubblica: “Non sopporto l’idea di essere diventato per quella sera il simbolo del cinismo e della superficialità. Mi fa ancora male, sono stato travolto senza rendermene conto, ma i commenti negativi che mi sono beccato ci stanno tutti. Io non credo di essere un uomo coraggioso, ma nemmeno il contrario. Non ero io che dovevo decidere: dissi che non me la sentivo. E loro hanno insistito. Non ho avuto le palle per andarmene a casa“.
Ennesima dimostrazione dell’educazione, umanità e garbo di un personaggio che resterà amato da tutti.
Riposi in pace.