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Il tempestivo intervento della soprintendenza del mare, grazie alla segnalazione dell’ispettore onorario per i beni archeologici subacquei della Regione siciliana Salvino Antioco, ha permesso il recupero nell’isola di Filicudi, di alcune anfore di particolare pregio che probabilmente sarebbero state immesse nel commercio illecito dei reperti archeologici. Un fenomeno criminale che oltre ad avere un giro economico secondo solamente al traffico di droga, principalmente lascia dietro le spalle, quei siti dei relitti naufragati, devastati per sempre e con reperti archeologici decontestualizzati. La prontezza, dei subacquei della Soprintendenza del Mare della Regione siciliana, guidata dal soprintendente Valeria Li Vigni, ha permesso il salvataggio con il recupero di alcune anfore del tipo: Greco italica del II secolo a.C. una coppia di MGS2 (Magna Grecia Sicilia) del III sec. a.C. e dei cocci e una anfora KEAY XXV del IV sec. d.C. spaccata a metà per la sua lunghezza.
Probabilmente queste anfore facevano parte del corredo di carico del relitto F che si trova a circa – 60 metri di profondità, in un’area interdetta alla navigazione, all’ancoraggio e alla pesca. Ma che può essere visitata soltanto tramite l’ausilio dei Diving autorizzati esclusivamente per le escursioni all’interno degli itinerari sommersi.
Le anfore erano state accuratamente nascoste in una rigogliosa prateria di Posidonia a circa 200 metri dalla secca di Capo Graziano in una zona strategica molto vicino alla costa ad una profondità di circa -15 metri. Una tecnica ampiamente diffusa tra i ladri di reperti, che spostano gli oggetti archeologici in una zona più facile e meno profonda per garantire l’illecito recupero anche con una semplice apnea.
Tutte le anfore sono state consegnate al direttore del parco archeologico delle eolie Rosario Vilardo che successivamente provvederà a musealizzarle.
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