Il report della Fondazione Gimbe sulla mobilità sanitaria interregionale nel 2021 fornisce un quadro sul valore e composizione della migrazione sanitaria e sulle differenze regionali relative al saldo totale, alla mobilità attiva e passiva, al valore della mobilità verso le strutture private.
In Sicilia, nel 2021, si rileva un saldo negativo della mobilità sanitaria regionale pari a 177,4 milioni di euro. I crediti ammontano a 52.891.246 euro, la Regione si colloca in 16a posizione; i debiti a 230.334.804 (nona posizione). Il 76,9% del totale del saldo passivo si concentra in 6 Regioni: Sicilia, Campania, Calabria, Lazio, Puglia e Abruzzo.
Il volume dell’erogazione di ricoveri e prestazioni specialistiche da parte di strutture private è un indicatore della presenza e della capacità attrattiva del privato accreditato. La Sicilia si colloca in tredicesima posizione con le strutture private che erogano il 36% del valore totale della mobilità sanitaria attiva regionale (media Italia 54,7%).
E’ sempre più fuga per curarsi dal Sud al Nord dell’Italia, ma nei dati c’è lo “zampino” del Covid. Nel 2021, la mobilità sanitaria interregionale in Italia ha raggiunto un valore di 4,25 miliardi di euro, ben il 27% in più di quella del 2020 (3,3 miliardi), “anno in cui l’emergenza pandemica Covid-19 ha determinato una netta riduzione degli spostamenti delle persone e dell’offerta di prestazioni ospedaliere e ambulatoriali”. Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto raccolgono il 93,3% del saldo attivo, cioè l’attrazione di pazienti provenienti da altre Regioni, mentre il 76,9% del saldo passivo (la ‘migrazione’ dei pazienti dalla regione di residenza) si concentra in Calabria, Campania, Sicilia, Lazio, Puglia e Abruzzo.
“La mobilità sanitaria – spiega il presidente Nino Cartabellotta – è un fenomeno dalle enormi implicazioni sanitarie, sociali, etiche ed economiche, che riflette le grandi diseguaglianze nell’offerta di servizi sanitari tra le varie Regioni e, soprattutto, tra il Nord e il Sud del Paese. Un gap diventato una ‘frattura strutturale’ destinata ad essere aggravata dall’autonomia differenziata, che in sanità legittimerà normativamente il divario Nord-Sud, amplificando le inaccettabili diseguaglianze nell’esigibilità del diritto costituzionale alla tutela della salute”.
Ecco perchè in occasione dell’avvio della discussione in aula al Senato del ddl Calderoli, continua Cartabellotta, “la Fondazione Gimbe ribadisce quanto già riferito nell’audizione in 1a Commissione Affari Costituzionali del Senato: la tutela della salute deve essere espunta dalle materie su cui le Regioni possono richiedere maggiori autonomie”.
La Fondazione ne spiega le motivazioni: la gravissima crisi di sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale che impedisce di mettere in campo risorse per colmare le diseguaglianze in sanità; l’indebolimento ulteriore del Sud in seguito alle maggiori autonomie già richieste da Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, che invece potenzieranno le proprie performance sanitarie; le Regioni del Sud che essendo tutte (tranne la Basilicata) in Piano di rientro o commissariate, non avrebbero nemmeno le condizioni per richiedere maggiori autonomie in sanità.
Oltre 1 euro su 2 speso per ricoveri e prestazioni specialistiche finisce nelle casse del privato: esattamente 1.727,5 milioni di euro (54,6%), rispetto a 1.433,4 milioni (45,4%) delle strutture pubbliche. Questo quanto emerge dal report della Fondazione Gimbe.
In particolare, per i ricoveri ordinari e in day hospital le strutture private hanno incassato 1.426,2 milioni, mentre quelle pubbliche 1.132,8 milioni. Per le prestazioni di specialistica ambulatoriale in mobilità, il valore erogato dal privato è di 301,3 milioni di euro, quello pubblico di 300,6 milioni. “Il volume dell’erogazione di ricoveri e prestazioni specialistiche da parte di strutture private – conclude il presidente della Fondazione, Nino Cartabellotta – varia notevolmente tra le Regioni ed è un indicatore della presenza e della capacità attrattiva delle strutture private accreditate, oltre che dell’indebolimento di quelle pubbliche”.
Infatti, accanto a Regioni dove la sanità privata eroga oltre il 60% del valore totale della mobilità attiva – Molise (90,5%), Puglia (73,1%), Lombardia (71,2%) e Lazio (64,1%) – ci sono Regioni dove le strutture private erogano meno del 20% del valore totale della mobilità: Valle D’Aosta (19,1%), Umbria (17,6%), Sardegna (16,4%), Liguria (10%), Provincia autonoma di Bolzano (9,7%) e Basilicata (8,6%).