Ieri Sala d’Ercole ha dato il via libera all’unanimità alla legge per il riordino delle cave in Sicilia. Una riforma attesa da anni che, grazie alla condivisione da parte di tutte le forze politiche, consentirà di intervenire alla luce della realizzazione di importanti e strategiche infrastrutture pubbliche e della continua domanda di materiali lapidei di cava.
In particolare, il comparto delle cave conta oggi quasi 10 mila addetti, dei quali 8.362 nella lavorazione e 1525 nell’estrazione (Fonte – Censimento ISTAT 2011) e produce oltre 250 milioni di euro di prodotto dei quali oltre 141 milioni sono destinati all’estero, che se rapportato al dato complessivo dell’export siciliano, chiaramente depurato del dato relativo ai prodotti petroliferi, ne supera il 7%. Un’attività economica fondamentale per l’Isola.
Con la nuova riorganizzazione della materia, è nessuna cava di materiale lapideo in Sicilia potrà più essere abbandonata al termine del ciclo estrattivo, come è accaduto fino adesso.
La legge approvata scaturisce dall’esigenza di apportare modifiche e semplificazioni alla normativa di settore non sempre organica e coerente, oggi suddivida fra ben 4 leggi regionali, tenendo anche conto della più recente normativa nazionale contenuta nel cosiddetto “Codice dell’ambiente“. Con il riordino si dà risposta alla necessità di porre rimedio ad una serie di criticità emerse negli ultimi anni nell’applicazione delle norme di riferimento.
Niente più siti abbandonati che deturpano il territorio e il paesaggio. La nuova normativa prevede per le cave già in essere che il recupero avvenga in corso di coltivazione e l’applicazione di nuove regole e di maggiori vincoli paesaggistici ed ambientali per le cave di nuova apertura.
Anche in considerazione dell’attuale composizione del comparto estrattivo, la nuova legge ridisegna il sistema dei canoni, che potranno variare in funzione dell’area di cava e dei volumi estrattivi, a vantaggio delle piccole imprese e soprattutto collegando i costi all’effettiva produttività di un sito. La normativa non genera maggiori o nuovi oneri a carico del bilancio della Regione, ma al contrario potrà determinare maggiori introiti pubblici visto che si contrasta l’abusivismo e si rilancia un settore economico che alimenta un importante indotto nei territori interessati. Alle attività si provvederà con le risorse umane, finanziarie e strumentali attualmente disponibili.
La legge era stata proposta da Forza Italia che ha coinvolto tutta la commissione Attività produttive dell’Ars presieduta da Gaspare Vitrano.
“Sono molto soddisfatto dell’approvazione della riforma, mettendo fine ad uno scempio paesaggistico. Sulla sensibilità ambientale non ci possono essere sconti. Poi ci sono dei benefici, a partire dalla semplificazione amministrativa dei procedimenti, fatto importante considerata la lungaggine burocratica che ha un costo per il settore. Soprattutto in un momento in cui in Sicilia c’è una fortissima richiesta di materiale di cave. E’ un settore che ha un fatturato di tutto rispetto e occupa 10 mila operai quindi l’attenzione su questo comparto era massima. Altro fattore importante è il recupero ambientale del sito una volta terminato il ciclo produttivo, ci sono 107 siti abbandonati. E poi le aziende pagheranno sull’effettivo sfruttamento dei giacimenti, inoltre per la Regione non ci saranno nuovi oneri. Ci tengo a sottolineare che tutti i partiti hanno dato il loro contributo insieme alle associazioni di categoria: nasce come proposta di Fi ma poi è diventata una legge della commissione”.
Oggi in Sicilia, incluse le cave di inerti, ci sono poco meno di 500 cave in esercizio. Un terzo di queste sono di materiale lapideo di pregio che in massima parte insistono nella Provincia di Trapani e in particolare nel bacino marmifero di Custonaci Castellammare del Golfo. Altra discreta concentrazione di cave si trova in provincia di Catania per l’estrazione della pietra lavica. Qui insistono poco più di venti cave. Il resto delle cave, ivi comprese quelle di materiale inerte, sono distribuite in maniera quasi omogenea tra le restanti province. All’attività estrattiva si affianca, quasi sempre, un’attività di trasformazione e lavorazione a valle. Emblematico è il caso del comparto Trapanese dove a fianco alle numerose cave di marmo è presente una notevole attività di trasformazione del lapideo di pregio in grado di raggiungere tutti i mercati internazionali e una discreta attività di riutilizzo del sottoprodotto di cava impiegato per alimentare le numerose attività di frantumazione ivi presenti.
Forti di una ormai secolare tradizione, della disponibilità di materia prima con ottime caratteristiche fisico tecniche e dell’impiego di tecnologie all’avanguardia, gli operatori siciliani hanno dato vita ad un’industria lapidea in grado di ben figurare non solo in ambito regionale ma anche in quello nazionale e internazionale. I nostri marmi- si legge nella relazione – raggiungono ormai ogni parte del mondo. Ogni anno sono migliaia i containers carichi di lapideo di pregio che lasciano i porti siciliani per raggiungere il Nord America, il Medio Oriente, l’Estremo Oriente, il Nord Africa, il Nord Europa. Ogni anno centinaia di migliaia di tonnellate di materiale inerte proveniente dalle nostre cave partono dai porti siciliani per andare a trovare impiego nella realizzazione di importanti opere infrastrutturali in tutto il bacino del mediterraneo (esempio coibentazione della condotta di gas che collega la Libia con la Sicilia).