L’esame del Dna parlava chiaro (una compatibilità del 99% equivale a una certezza) e questa mattina Rosario Basile, l’ex presidente della Ksm finito sotto inchiesta dopo una denuncia dell’amante, ha ammesso dinanzi al Gip la paternità del figlio partorito dalla sua ex dipendente. Il giudice lo ha ascoltato dopo la seconda ordinanza di custodia cautelare chiesta dalla Procura. Ad accusare Basile di minacce, violenza privata e ritorsioni è stata proprio l’ex dipendente secondo cui l’uomo d’affari palermitano avrebbe organizzato un piano per non riconoscere il bimbo nato dalla loro relazione sentimentale.
Per quanto riguarda la seconda accusa, quella di aver falsificato alcuni documenti depositati nel processo per il licenziamento della donna e di un suo collega, Basile – difeso dagli avvocati Nino Caleca e Roberto Mangano – ha spiegato: “Sono totalmente estraneo a questa storia. Non ho falsificato nessun tabulato”. Secondo l’ex presidente della Ksm questa operazione sarebbe stata fatta a sua insaputa. Secondo il pubblico ministero Siro De Fammineis, invece, Basile per potere licenziare la donna con aveva sostenuto che aveva una storia sentimentale con un collega. E per rendere credibile il tutto spuntarono dei messaggi. Ma i tabulati, presentati al giudice del lavoro che si occupò della causa contro il licenziamento intentata dai due ex dipendenti, sarebbero stati manomessi. Intanto, tutto il procedimento potrebbe spostarsi a Caltanissetta.
Gli avvocati hanno infatti sollevato una questione di incompetenza funzionale del Tribunale di Palermo perché “il reato compiuto dagli indagati durante la causa di lavoro prevede o la correità del giudice o l’induzione in errore del giudice del lavoro sulla base della documentazione falsa”. In ogni caso – secondo i legali – la competenza sarebbe di Caltanissetta. Il giudice si è riservato.
(LS)