Era affetta da un raro tumore dell’ovaio in stadio terminale, completamente rimosso dopo un intervento chirurgico all’ospedale “La Maddalena” di Palermo. Protagonista una palermitana di 47 anni colpita da un leiomiosarcoma ovarico, che aveva dato origine a una grossa massa di circa dieci chili e 30 centimetri di diametro, all’interno dell’addome. L’intervento chirurgico, effettuato lo scorso ottobre, è perfettamente riuscito e la donna adesso sta bene, anche se dovrà sottoporsi a controlli periodici.
La paziente aveva già subito due interventi chirurgici in un’altra struttura sanitaria ed aveva seguito una successiva terapia medica, ma la malattia si è poi ripresentata e le cure non sono state sufficienti a tenere sotto controllo l’evoluzione del tumore. Così, dopo essersi sottoposta, senza alcun esito, a controlli in centri di riferimento specifici per questa malattia, anche fuori dalla Sicilia, la donna si è rivolta al Dipartimento oncologico palermitano. La paziente è arrivata a “La Maddalena” in condizioni critiche: la massa era talmente grossa che la donna non riusciva più ad alimentarsi adeguatamente e a respirare bene.
Così, dopo un lavoro d’equipe tra radiologi, oncologi e chirurghi, si è deciso per l’intervento, conclusosi positivamente dopo quattro ore, con l’asportazione dell’intera massa tumorale. L’operabilità, in questo caso, è stata stabilita attraverso metodiche radiologiche.
Infatti, nelle strutture sanitarie precedentemente consultate, non era stato ritenuto opportuno sottoporre la paziente ad un intervento chirurgico a causa dell’elevato rischio del propagarsi della neoplasia negli organi vitali. Ma l’equipe del Dipartimento di Diagnostica per immagini de “La Maddalena”, composto da Silvestro Cusmà Piccione, Nicola Nicastro, Antonella Campisi, Alessandro Schiavello, Debora Castrogiovanni e Giuseppe Lo Vecchio, dopo un’analisi approfondita del caso clinico, ha fornito ai chirurghi le indicazioni fondamentali che hanno permesso di optare per l’intervento, poi perfettamente riuscito.
“Fondamentale – spiegano i radiologi – nella nostra pratica quotidiana, sia il confronto tra noi colleghi della stessa branca, che l’approccio multidisciplinare, che ci consente, discutendo con i medici delle altre specialità, di stabilire il percorso diagnostico più adeguato. Questo, a sua volta, ha delle ripercussioni sulle scelte terapeutiche da adottare, che possono essere di tipo medico o chirurgico. Spesso si pensa che il ruolo del radiologo sia soltanto quello di guardare immagini ed esitare un referto, ma bisogna andare oltre. Il paziente non è un insieme di immagini bensì una persona. Necessari sono pertanto la sua storia clinica e l’approccio multidisciplinare. Questo fa la differenza”.