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Le proposte

Sanità siciliana al collasso, CGIL chiede un piano straordinario: “Serve una svolta, non una toppa” CLICCA PER IL VIDEO

martedì 1 Aprile 2025

In Sicilia il diritto alla salute è sempre più compromesso. A denunciarlo con forza è la CGIL Sicilia, che, nella giornata di oggi, martedì 1 aprile, da Palermo ha rilanciato l’allarme sulle gravi criticità che affliggono il sistema sanitario regionale. Al centro dell’intervento, lo stato di attuazione della Missione Salute del PNRR, uno dei capitoli più importanti – e allo stesso tempo più trascurati – dell’agenda politica siciliana.

Il quadro tracciato dal sindacato è desolante: ritardi strutturali, fondi non spesi, cantieri fermi, carenza di programmazione e un personale sempre più ridotto e precario. A tre anni dall’avvio del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, e a poco più di un anno dalla sua conclusione, la Sicilia rischia seriamente di perdere un’occasione storica per riformare il proprio sistema sanitario. Eppure, già il 3 marzo 2023 era stato siglato un protocollo d’intesa tra Regione e sindacato per l’attivazione di un Tavolo tecnico. Ma, nonostante le ripetute richieste di confronto, la Regione non ha mai dato seguito all’accordo.

“In Sicilia viviamo una situazione sanitaria sempre più in affanno. La verità è che abbiamo un sistema che non garantisce affatto il diritto alla salute. E quello che ci rammarica di più è che, dopo il Covid, avevamo a disposizione risorse straordinarie – quasi un miliardo di euro dal PNRR – ma il livello di spesa è ancora molto basso. Siamo al punto che rischiamo di non riuscire a realizzare nemmeno il 50% delle infrastrutture previste. C’erano anche risorse per aumentare i posti letto, in particolare in rianimazione, ma anche lì i ritardi sono evidenti e l’inadeguatezza è grave. Dal Covid non abbiamo imparato nulla: non abbiamo investito seriamente sulla medicina del territorio, non sono state fatte scelte strutturate, e intanto la politica continua a occuparsi solo di gestire il potere, anziché fornire risposte”, ha denunciato Alfio Mannino, segretario generale della CGIL Sicilia.

Il sindacato non si limita alla denuncia: rivendica un ruolo attivo nella costruzione di una proposta alternativa. “Le opere del PNRR sono in ritardo, le liste d’attesa non vengono aggredite, la medicina territoriale è piena di criticità. Per questo stiamo costruendo una piattaforma che non vuole solo denunciare, ma anche indicare vie d’uscita. Vogliamo integrare il servizio sociale con quello sanitario, rafforzare la medicina del territorio, rendere più chiaro e trasparente il percorso per la nomina dei direttori generali. E poi serve dignità per i lavoratori e le lavoratrici: bisogna uscire dalla precarietà e puntare sull’innovazione, anche attraverso strumenti come il fascicolo sanitario elettronico. Ma ad oggi continuiamo a registrare carenze forti e assolute”.

Un piano bloccato: solo il 7% dei fondi spesi

Secondo i dati ufficiali del MEF – piattaforma ReGiS, aggiornati a dicembre 2024, in Sicilia risultano finanziati 929 progetti legati alla Missione Salute, per un totale di 1,4 miliardi di euro. Tuttavia, solo 100,7 milioni di euro – il 7,1% del totale – sono stati effettivamente spesi, a fronte di una media nazionale che si attesta al 18,1%. Più della metà dei progetti è ancora ferma o presenta forti ritardi: appena il 30% è stato completato, mentre il 42,8% è in ritardo in almeno una fase di attuazione.

La situazione è particolarmente critica per le Case della Comunità e gli Ospedali di Comunità, strutture pensate per riformare l’assistenza territoriale e garantire cure più vicine ai cittadini.

Case e Ospedali di Comunità: la riforma che non parte

“Per le Case della Comunità, sono stati finanziati 155 progetti per un valore complessivo di 249,2 milioni di euro. Tuttavia, a dicembre 2024 risultano effettuati pagamenti per soli 8,7 milioni – appena il 3,5% dei fondi disponibili. Nessuna delle strutture risulta completata e collaudata, mentre il 77,4% presenta almeno uno step in ritardo, contro il 62,6% della media nazionale. Attualmente, 69 strutture (44,5%) sono in fase di realizzazione, ma ben 84 progetti (54,2%) non sono ancora partiti. Le situazioni più critiche si riscontrano nelle province di Catania, Enna, Agrigento, Caltagirone e Palermo, mentre Ragusa e Siracusa rappresentano le uniche eccezioni positive, con cantieri avviati nei tempi previsti”, spiega Francesco Lucchesi, segretario confederale CGIL.

“La situazione non migliora per gli Ospedali di Comunità: dei 43 progetti finanziati per un totale di 116,8 milioni di euro, nessuno è stato completato o collaudato – aggiunge -. Il 60,5% dei progetti registra ritardi in almeno una fase, e nessuna delle strutture è arrivata alla fase di esecuzione completa. I lavori sono in corso per 22 strutture (51,2%), mentre le restanti 21 sono ancora ferme. Agrigento ed Enna non hanno nemmeno avviato i cantieri. Palermo, Catania e Caltagirone sono in forte ritardo. Solo Ragusa e Siracusa sono in linea”.

Il personale

Alla crisi infrastrutturale si somma una grave carenza di personale. Il rischio, sottolinea la CGIL, è quello di costruire nuove strutture che resteranno vuote o sottoutilizzate per mancanza di medici, infermieri, OSS, tecnici.

“La programmazione continua a essere precaria e disorganizzata. Ogni giorno siamo sotto i riflettori per scandali, aggressioni nei pronto soccorso, mancanza di strategie. Le assunzioni seguono una logica miope, la precarietà dilaga, e tutto questo impedisce al sistema sanitario di funzionare. Noi, come sindacato, da mesi presentiamo proposte all’assessorato, ma non riceviamo risposte concrete”, ha affermato Gaetano Agliozzo, segretario generale della Funzione Pubblica CGIL Sicilia.

“Medici e infermieri scappano verso il privato, perché lì almeno non sono costretti a fare doppi turni. Serve un piano straordinario di assunzioni per dare respiro ai reparti, soprattutto ai pronto soccorso, che vivono situazioni ormai al limite della sopportabilità”.

Le stime della CGIL sono chiare: per rendere operative tutte le strutture finanziate in Sicilia, sarebbero necessari tra 1.386 e 2.092 infermieri, 155 assistenti sociali e fino a 1.498 operatori sociosanitari. Ma ad oggi, non esistono piani concreti per le assunzioni.

Un sistema senza guida: la denuncia sulla governance

“Il Governo – ha evidenziato Renato Costa, responsabile sanità CGIL – è in uno stato confusionale e questo si ripercuote sul sistema sanitario. Si naviga a vista, senza un piano sanitario regionale, senza uno studio epidemiologico. Manca un approccio scientifico, manca un metodo. Solo improvvisazione”.
La CGIL chiede, inoltre, una revisione della Legge Regionale 5 del 2009, che, pur promettendo un cambiamento fondamentale nell’approccio sanitario spostando l’attenzione dall’ospedale al territorio, ha finito per accentuare la centralità degli ospedali, con risultati negativi sulla qualità dell’assistenza.

La piattaforma della CGIL per salvare la Sanità pubblica

Per fronteggiare l’emergenza e rilanciare la sanità pubblica, la CGIL propone un pacchetto organico di interventi:

  • potenziamento della medicina territoriale, con Case e Ospedali di Comunità, consultori, USCA e digitalizzazione;

  • riorganizzazione della rete ospedaliera e dei pronto soccorso, per ridurre attese e accessi impropri;

  • assunzioni stabili e formazione continua: basta precariato, spazio a nuovi concorsi e collaborazione con università;

  • riforma della governance: nomine trasparenti e basate sul merito, affidate a un’Agenzia Regionale indipendente;

  • internalizzazione dei servizi no-core, come pulizie e ristorazione, oggi spesso affidati a logiche di massimo ribasso;

  • superamento dei tetti di spesa per ridurre il ricorso ai medici a gettone e rafforzare l’organico;

  • integrazione socio-sanitaria, anche attraverso un Assessorato unico al Welfare e il pieno utilizzo dei Budget di Salute Mentale;

  • potenziamento dei consultori familiari e medicina di genere, per rispondere ai bisogni reali dei cittadini;

  • miglioramento della sicurezza delle strutture, con investimenti in manutenzione, accessibilità e benessere.

L’appello della Cgil

“Non si può pensare di completare tutte le opere e collaudarle entro giugno 2026 senza un cambio di passo deciso. Il diritto alla salute è un principio costituzionale: non possiamo permettere che inefficienze e ritardi lo mettano in discussione. Serve una visione integrata e lungimirante, capace di coniugare prevenzione, cura e reale integrazione socio-sanitaria”, conclude la CGIL.

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