La giungla del sistema degli appalti miete un’altra “vittima” eccellente: il Raddoppio del Passante Ferroviario di Palermo. Opera faraonica da oltre un miliardo di euro.
Dopo ben 10 anni di lavori e innumerevoli ritardi, la Sis – il consorzio italo spagnolo che nel 2008 avviò i cantieri – ha ufficialmente deciso di gettare la spugna: troppi extra-costi che sforano il prezziario di dieci anni fa. Troppe varianti, troppi imprevisti, troppa burocrazia. Ennesimo smacco per una città martoriata da cantieri infiniti.
Su tutte, pesa come un macigno l’incredibile “svista” relativa al tappo di vicolo Bernava: un fiume di acqua e fango sotto il Tribunale impedisce da 2.322 giorni (più di 6 anni: era il 10 giugno 2012) di completare la galleria.
Svista che per il Comune di Palermo è un chiaro errore progettuale dei tecnici di Italferr, che all’epoca stilarono il progetto. Il sindaco Leoluca Orlando più volte ha ribadito: «I progettisti si sono dimenticati che c’è il fiume Papireto sotto al Tribunale. Bastava che il progettista delle Ferrovie chiedesse alla zia Pippina che abita lì notizie sul Papireto, e gli avrebbe risposto: “Qua l’acqua c’era e c’è sempre stata”», riferì nella nostra intervista pre-elezioni Comunali 2017.
Di diverso avviso invece RFI, che lo ha bollato come “imprevisto geologico”.
L’unica cosa certa è che prima dello scavo quegli edifici tra via Serpotta, via Pacini e vicolo Bernava (zona Olivuzza) erano integri e senza crepe. Adesso invece le crepe sono evidenti, gli edifici sono sgomberati dalla Protezione civile e i proprietari sono stati costretti ad abbandonare le case e venderle a prezzi stracciati (visto il mercato immobiliare in crisi).
Fu chiamato persino un luminare in gallerie a livello internazionale: il prof. del Politecnico di Torino, Giovanni Barla. La sua consulenza esterna (dai costi ancora ignoti) ha certificato che l’unica soluzione possibile per ultimare l’opera da 1,2 miliardi di euro fosse quella di buttare giù i 5 palazzi coinvolti; successivamente scavare sottoterra, drenare la falda, costruire il “tappo di fondo” della galleria e richiudere il tutto, realizzando anche un giardino. Per un costo che si aggira sui 18 milioni di euro (finanziati da chi? ah saperlo!). Intanto gli anni passano, ma su quei 58 metri finora non v’è traccia delle demolizioni promesse. Così nel 2017 su ordine del Gip Filippo Serio, la Procura della Repubblica ha disposto il sequestro preventivo dell’area di cantiere, ritenuta pericolosa.
Successivamente RFI rivelò a ilSicilia.it (LEGGI QUI) che la consulenza del Prof. Barla «è stata richiesta, e quindi retribuita, dal Contraente Generale», ovvero la Sis. Questa, insieme alla variante da 18 milioni, potrebbe essere stata la molla che ha spinto il colosso italo-spagnolo a dichiarare perdite in questo appalto, per oltre 100 milioni e a richiedere una Ctu al Tribunale di Roma. Da qui, l’annuncio dei licenziamenti a tappeto e l’addio all’appalto, completo oggi al 90%.
I sindacati degli edili (Fillea, Filca e Feneal) vogliono ora tutelare sia i lavoratori, sia l’opera. Le Ferrovie infatti sono pronte a riappaltare le stazioni e fermate incompiute: Kennedy-Capaci, Belgio e Lazio. Avete capito bene: a Capaci i treni non fermano. Dubbi ancora sulla fermata Imera, a due passi da vicolo Bernava.
Un vero disastro. «Perché lo Stato accetta, dopo aver speso quasi un miliardo di euro, che Sis consegni i lavori parzialmente? – ha chiesto nei giorni scorsi Francesco Piastra della Fillea Cgil – Non è accettabile. Consegneremo il dossier del licenziamento di tutti i 224 lavoratori avviato dalla Sis all’assessore Falcone. Non ci accodiamo alle dichiarazioni di Rfi e della stessa Regione, che affermano che i lavori sono stati sostanzialmente completati. Non è così, il raddoppio ferroviario non è completo».
Emblematico lo sfogo di un nostro lettore sui social network: «Quindi ricapitolando: anni di ritardi, costi lievitati a dismisura (con 1,1 miliardi di euro dovevano farci le fermate placcate in oro come minimo), un buon tratto a binario singolo, fermate esteticamente orrende, non curate, con ringhiere stile carcere, niente fermata Capaci, niente fermata Belgio, niente fermata Imera, niente fermata Lazio, lavori da riappaltare in vicolo Bernava e per il tratto a singolo binario (quindi ulteriori costi)… E tutto questo per cosa? Per arrivare in aeroporto in 1 ora e 11 minuti??? Quando prima ci stava 45 minuti e il biglietto anziché 5,90 euro costava 4,50? Mi sembra che abbiamo fatto un buon investimento. RFI farebbe bene a mettersi la testa in un buco come gli struzzi».
In tutto questo marasma, da 9 anni manca ancora il famoso biglietto unico integrato bus-tram-metro. Condizione base per incentivare i palermitani all’uso del mezzo pubblico e lasciare l’auto a casa.
Da anni se ne discute, o meglio lo si chiede a gran voce, ma gli attriti tra Amat e Trenitalia non consentono di raggiungere quello che in altre città è la normalità: un ticket unico per i trasporti urbani. Chissà quanti anni ancora dovremmo aspettare per vedere quest’opera faraonica realmente completa.
Un vero peccato poi non aver curato minimamente l’aspetto estetico delle fermate. Se non lo si è fatto per il Passante, lo si faccia urgentemente per l’Anello Ferroviario: per fortuna qui siamo ancora in tempo. Ingegneri e Architetti di Palermo hanno avviato una raccolta firme e lo chiedono a gran voce da tempo, soprattutto per la futura Stazione Politeama.
Per non parlare poi della clamorosa gaffe di pochi giorni fa: un disabile è rimasto intrappolato per ore nella nuova fermata “Francia” a causa degli ascensori non ancora attivati. Il malcapitato, resosi conto che l’ascensore non era funzionante, è stato costretto a chiamare in soccorso la polizia. La banchina della fermata poi, non è dell’altezza giusta e rende difficoltoso l’ingresso ai treni.
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