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Io continuerò a credere ancora che “chi sa, fa”.

Se facessi politica, sceglierei di fare l’opposizione.

domenica 26 Novembre 2023

Carissimi

Se io potessi e facessi politica non c’è dubbio che sceglierei di fare l’opposizione.

L’opposizione è la cosa più attraente che un politico per priorità si diverte a fare dopo la campagna elettorale, il politico in campagna elettorale si stressa è vero ma si diverte un mondo e specialmente per chi ha avuto la fortuna di esser stato già eletto o per chi è uscente è l’opportunità di scendere nuovamente in mezzo alla vita reale, smetterla con tutte le foto e selfi di ordinanza per manifestare la propria presenza nel ruolo in mezzo a gente che ti pretende ma il più delle volte neanche ti ha votato.

Ecco così gli incontri organizzati dal sostenitore, con i parenti, con gli amici, i colleghi, i condomini nei posti più sperduti o trascurati dalla nostra attività quotidiana, quei vassoi di cartone pieni di rosticceria mignon, quello spumante e il candidato che inizia i suoi discorsi di ringraziamento con il suo solito: “Basta! È ora di finirla.

Tutto ciò prima di essere inserito dal tuo entourage (in media su due macchine) in auto verso la riunione successiva.

E finalmente dopo l’ultimo incontro, la trattoria con gli stretti a mangiare improvvisate cene offerte o pagate dal candidato, annaffiate da birra in una nube di fumo di sigarette, anche se non si può fumare, poiché a quell’ora il proprietario del locale, allineato e coperto, chiuderà un occhio.

In realtà se ci fosse un mio caro amico, quando tutti sono già giunti satolli al capolinea, sostituirebbe il grappino al caffè.

E si, tra quei boccali di birra si consumano le migliori promesse, per cui sarà una gran “botta di culo” essere eletto ma finire all’opposizione.

lo cittadino, non riesco ad accettare l’idea che chiunque viene nominato è supportato politicamente dalla minoranza della minoranza dei voti finisca per essere il deus ex machina per qualche anno nella sua città, della sua regione, della nazione poiché dopo perso cento anni fa la libertà di espressione, poi averla riguadagnata grazie ad aver “pareggiato” la guerra, dopo qualche anno di democrazia grazie ad un “re fuggito” e ad un mancato riconteggio, abbiamo buttato nel cesso il diritto e il dovere di votare e spesso ci lasciamo attrarre (qualcuno per fortuna) alla nostalgia della “nobiltà” gruppo di “magnaccioni eredi di chi sa quali ladroni all’epoca”.

Non sappiamo essere collettività neanche davanti ai temi generali e allora ecco il riproporsi sempre dello stesso cliché di una persona che opera e tutto il resto che critica.

C’è poco da fare, abbiamo finito per costruire il nostro sistema, organizzandolo scientificamente male.

In tal senso, alla continua ricerca di qualunque affermazione, essendo andati un pochettino più avanti, non bastano più i fatti e le azioni, ma bastano anche le poche parole estrapolate dal proprio contesto per farne oggetto di uno sterile dibattito politico, per far passare il tempo senza decidere.

Il dibattito politico è una delle cose più costose che ci permettiamo, ancora di più del mangiare una volta al giorno o di poter acquistare qualunque bene di lusso.

Il dibattito politico spesso concentrato su temi che potranno avere una certa valenza ma che spesso non rientrano tutti tra quelli globalmente condivisi e quindi di priorità per la collettività e allora svuotati da ogni “contenuto” ci apprestiamo a sopravvivere, spesso cullandoci nei miti del passato, ma che ci volete fare, lo dirò fino alla noia, il nostro non è un paese serio.

Non siamo un paese che già di per se si prende sul serio, figuratevi se possono prendere sul serio gli altri “paesi” che magari stanno con le “pezze al culo” peggio di noi, ma almeno, davanti ai temi che contano “sono paese” e noi veniamo presi per ipocriti, quale è stata l’ultima competizione che ricorda la vostra memoria, che sia stata una reale competizione?

Adesso andiamo avanti su un doppio binario, quello ipocrita che ti propone sistemi di giustizia e di responsabilizzazione sulla carta efficientissimi, e quello posto in un contesto che si limita a continuare a fare i fattacci propri ricostruendo a posteriori paraventi di legalità che altro non sono che sanatorie di scelte fatte ad personam e fiduciarie.

Io continuerò a credere ancora che “chi sa, fa” e che tutto il resto sono bravi “attori” e tutto per far si che lo “spettacolo possa continuare” e fin quando qualcuno si inventerà un “osso” per tutti, in qualunque modo, legittimo e non, non torneranno le “ghigliottine per strada”, “schifio ……”

Un abbraccio Epruno

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