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Sicilia, virus, recessione: la ripresa verrà dalle donne

domenica 1 Novembre 2020

di Mila Spicola,

insegnante, architetto, per Il Giusto Mezzo

Mila Spicola
Mila Spicola

Cosa è e cosa chiede il Giusto Mezzo, il movimento nato a ottobre in Italia che dopo aver raggiunto 45 mila fa parlare di sé anche fuori dall’Italia. Cosa è la she-cession, la particolare forma di recessione economica causata dalla pandemia. Cosa c’entra la Sicilia? Cercherò di raccontarlo senza annoiarvi troppo.

Iniziando dalla fine. Cosa c’entra la Sicilia?

In Sicilia abbiamo il più alto tasso di disoccupazione femminile d’Europa, siamo da questo punto di vista posizionati come la parte povera del Marocco, 7 donne su 10 non lavoravano nel 2019, prima della pandemia, nel 2020 il dato rischia di essere persino peggiore. Tra loro la maggioranza rientra tra i NEET, giovani che non lavorano, non studiano e nemmeno lo cercano il lavoro, e anche su questo la Sicilia eccelle tristemente. Ancora: abbiamo tra i più alti tassi di dispersione scolastica europei. Nello stesso tempo abbiamo il più basso tasso di presenza di nidi e di tempo pieno per la scuola primaria. Da sempre. La politica e i governi, regionali e comunali, hanno investito sempre poco in questo ambito, relegandolo a tema marginale o demandandolo solo a politiche nazionali. Questi dati sono interdipendenti tra loro, chi si occupa di politiche scolastiche e meridione ha sempre segnalato il legame diretto tra scarsità di servizi per l’infanzia e sviluppo di un territorio, non solo per gli effetti sulla formazione delle competenze di ragazzi e ragazze, ma per l’interdipendenza con il tasso di occupazione delle madri. “Oggi alcuni studi economici raccontano di una recessione economica in arrivo persino più pericolosa e persistente di altre. Cioè scarsa presenza di servizi alla cura dell’infanzia e bassi tassi di occupazione femminile, combinati insieme, favoriscono recessione economica profonda”.

Cosa è la she-cession

Analisti e studiosi macroeconomici di tutto il mondo (canadesi, statunitensi, inglesi, …) stanno studiando la natura della crisi innestata dai lockdown: mentre la crisi innestata dai crolli finanziari legati ai titoli subprimes del 2008 fu essenzialmente una man-cession, cioè una recessione legata al crollo di ambiti lavorativi perlopiù maschili, costruzioni, finanza, … quella post 2020 è una recessione economica collegata al crollo del lavoro femminile, una she-cession, e per due motivi: la chiusure hanno interessato settori a prevalente occupazione femminile (turismo, servizi, commercio, cura infanzia, anziani, non autosufficienti) e la chiusura dei servizi di cura ha scaricato tale compito sulle donne per l’85% dei casi rallentando o impedendo il lavoro femminile (https://www.hcamag.com/ca/specialization/diversity-inclusion/the-she- cession-how-covid-19-killed-gender-diversity/231798 ).

Uno studio in particolare, comparso su uno dei portali di studi economici più importanti, VoxEu.org (https://voxeu.org/article/shecession-she-recession-2020-causes-and-consequences ), sta attirando l’attenzione, compara numeri alla mano le varie crisi economiche succedutesi dal dopoguerra ad oggi, gli effetti recessivi successivi e dice: attenzione, la she-cession rischia di essere più difficile da superare perché 0ha effetti più profondi e maggiore velocità di propagazione, per due motivi: una madre che lavora genera tre posti di lavoro e determina la domanda di consumi interni in modo doppio di un padre che lavora, proprio per motivi collegati al lavoro di cura. Altri economisti la definiscono già “crisi della cura”. Sono tanti gli studi che stanno comparendo, e il tono è di allarme: il crollo dei consumi interni è proprio l’indicatore più pericoloso di una recessione economica. Come si contrasta? Rafforzando o realizzando infrastrutture sociali stabili a supporto della cura: i nidi, il tempo pieno, l’assistenza domiciliare per anziani e i non autosufficienti. Cioè liberando il tempo di lavoro della metà della popolazione, le donne. Magari non adesso, perché stiamo discutendo di nuovi lockdown e deve prevalere l’attenzione alla salute, ma attenzione a dimenticarlo appena l’allarme sul virus si spera sarà alle spalle. È una questione di genere ovvero di diritti? Certo. Ma è in questo momento prevalentemente una questione macroeconomica di tenuta dei sistemi produttivi nazionali. Per cui si deve agire in modo chirurgico.

Cosa è il Giusto Mezzo

“Il Giusto Mezzo” (www.ilgiustomezzo.it) è un movimento spontaneo che parte dalla doppia analisi fatta da alcune donne della società civile sia dei numeri e delle carte di cui sopra, sia della realtà italiana, perché in stretto dialogo con le donne e le famiglie, e, in virtù delle considerazioni che avete appena letto, chiede interventi programmatici e strategici in tre ambiti chiave per il futuro, ovvero i servizi di cura della persona, l’occupazione femminile e la disparità di genere come strumenti cruciali per contrastare sia la crisi innestata
dalla pandemia sia altri gravi ritardi strutturali che riguardano il nostro Paese in modo da fornire un impatto positivo oggi e nel futuro. Attraverso un appello indirizzato al Premier Conte che ha superato le 45mila firme (per leggerlo e aderire: www.ilgiustomezzo.it ), abbiamo ribadito l’interesse non tanto per la questione femminile in sé ma per come l’affrontarla e risolverla migliori in maniera decisiva l’efficienza del sistema. Cosa che a nostro parere non si stava facendo, perché gli assi di intervento per gli investimenti, proposti sia in sede europea che nazionale, stavano interessando tutt’altri ambiti e non quelli in crisi. Per far questo Il Giusto Mezzo ha indicato sia il merito che il metodo di utilizzo e degli investimenti che il nostro Paese dovrebbe effettuare sia con le risorse straordinarie europee #nextGenerationEU, sia con quelle ordinarie dei bilanci nazionali, regionali e comunali. Nel farlo ha chiesto il coinvolgimento dal basso delle donne e degli uomini attraverso metodi di partecipazione attiva. Abbiamo raccontato e ci siamo fatte raccontare. Quei numeri di sopra sono la vita delle persone, delle donne, della crisi in corso. In 45 mila ci hanno dato sostegno, a quel punto, solo a quel punto, la politica ci ha cercate.

Promotrici siamo Alessia Centioni, Alexandra Geese, Chiara Gribaudo, Francesca Fiore, Costanza Hermanin, Sarah Malnerich, Valentina Parenti, Pina Picerno, Daniela Poggio, Lia Quartapelle, Azzurra Rinaldi, Mila Spicola, Cristina Tagliabue. Le prime organizzazioni a promuoverlo sono state DateciVoce, GammaDonna, Mammadimerda, Prime Donne, European Women Alliance e Noi Rete Donne.

Il Giusto Mezzo si inserisce in un rinnovato attivismo delle donne determinato dalla grave condizione determinata dalla pandemia, e che ha dato luogo a più iniziative: la campagna europea #HalfOfIt per la destinazione della metà del Recovery Fund alle donne, cui Giusto Mezzo ha dato volano, il movimento Dateci Voce, che ha ribadito la necessità di uno sguardo femminile nei luoghi delle elaborazioni e delle decisioni, forse più adatto in questo momento a cogliere le reali urgenze del Paese.

I risultati? Grande attenzione da tutti gli organi di stampa, attirati dalla novità. Nazionale ed estera. Attenzione dal governo: dopo il nostro flash mob in piazza, il Premier Conte ha annunciato attenzione sulla questione femminile, lo stesso il Presidente Mattarella, molte voci autorevoli di studiose e studiosi italiani, da Maria Laura Sabbadini dell’Istat a Chiara Saraceno, che da anni si battono sui temi delle infrastrutture sociali assenti.

Noi teniamo però fisso il pallone sul campo: le considerazioni economiche e i pericoli enormi che si avrebbero nel non prendere sul serio quelle raccomandazioni. Il pericolo più grande? Entrare in una recessione economica profonda simile a quella che vive la Sicilia da sempre per sciatterie politiche e amministrative. L’auspicio? Contrastare la crisi in modo mirato agendo con politiche strutturali e integrate. E no, non lo sono i bonus mamme, né la decontribuzione sul lavoro femminile, né gli incentivi alle imprese. Se non si libera il tempo della cura le donne non lavorano, questo ci dicono analisi comparative mondiali. Gli strumenti: ci stiamo organizzando sui territori, siamo presenti su tutti gli organi di comunicazione, ma breve avremo un canale video, stiamo elaborando documenti approfonditi ma snelli da fornire a governo nazionale e locale.

Conclusioni: due più due

La Sicilia è sempre laboratorio: oggi è esattamente la rappresentazione dello scenario peggiore, grave recessione economica causata da crollo di lavoro di più della metà della popolazione (le donne) e assenza quasi totale di sostegno alla cura dell’infanzia, disattenzione storica di chi amministra Regione e Comune da questo punto di vista, anche se spiragli di investimenti cominciano a vedersi. Potrebbe però essere laboratorio di ripresa invertendo la rotta. Investendo subito nei settori che si è visto contrastano stabilmente la crisi del lavoro femminile: gli ambiti del supporto alla cura, le infrastrutture sociali. Lo ricordo: è la vita delle persone. Le infrastrutture sociali presenti ed efficienti dimezzano il pericolo indigenza. Il ritratto della nuova povertà è: donna, con figli e del Sud.

Due ultime domande e poi vi lascio: è vero che ci sono 9 mln di euro destinati alla cura dell’infanzia bloccati nelle maglie del bilancio comunale di Palermo? È vero che la Regione Sicilia per andare a “litigarsi” i fondi per la gestione dei nidi ha inviato un normale dirigente quando dall’Emilia Romagna è andato direttamente il presidente Bonaccini? Tornando come sempre con le pive nel sacco. E’ il caso di chiedere a sindaci e governatori regionali del Sud di fare meno sceneggiate ridicole sui social, insultando donne e bambine, è il caso recente del governatore campano De Luca, e occuparsi in modo più attento di questi temi, perché da questi temi dipenderà in futuro in misura maggiore lo sviluppo dei territori meridionali e del mondo?

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