L’assessore regionale all’Energia, Vania Contrafatto ha firmato un atto di indirizzo che indichi un percorso comune illustrato con chiarezza agli amministratori con lo scopo di velocizzare i tempi e le procedure che portino ad una gestione ottimizzata del servizio idrico. Succedeva lo scorso novembre. La riforma dello scorso anno relativa al servizio idrico in Sicilia non sembra infatti raccogliere buoni frutti: procedono a rilento le nuove assemblee territoriali idriche, costituite dai sindaci, in coincidenza territoriale tra ambiti e territori provinciali. E, quasi tutti gli ambiti territoriali idrici, pur essendosi insediati, non sono ancora subentrati nelle funzioni alle vecchie strutture in liquidazione.
Sotto accusa c’è la stessa legge di riforma alla luce della quale gli enti dei territori chiedono come devono organizzarsi e dove attingere le risorse. La priorità inevasa è semplicemente decidere che forma dare alla gestione. “Ogni Comune inizi con l’istituzione di un capitolo di bilancio destinato all’ente di governo idrico, procedano alla nomina di un presidente, redigano il piano d’ambito, anche attingendo alle figure professionali delle vecchie strutture – commenta la Contrafatto – i sindaci e le assemblee eleggano i presidenti senza far passare altro tempo. Si è voluta fare l’anno scorso una legge che desse la parola ai territori, il testo ha lasciato esplicitamente i margini che adesso vengono contestati dagli stessi soggetti che si sono resi interlocutori di una legge che adesso non comprendono – continua – la Regione poteva dire solo con legge cosa e come fare, adesso si dia una forma compiuta alle organizzazioni sui territori».
Sono molti i vincoli di continuità e i legami con il passato che non sempre semplificano, alimentando una piccola giungla di tariffe e metodi diversi di gestione. Se, ad esempio, l’Ambito territoriale di Agrigento volesse fare ricorso a una azienda pubblica in house, ritenendola più conveniente, poiché è legato da una convenzione trentennale con Girgenti acque, dovrebbe prima sciogliere l’accordo. Ma si attiverebbe in quel caso una marea di contenziosi. “La legge è chiara e a quella tutti dobbiamo attenerci: le Ati devono subentrare alle Ato nelle funzioni di regolazione, vigilanza e controllo – aggiunge l’assessore – le ex Province non ne fanno parte; ogni Ati deve dotarsi di un fondo per copre le spese di avvio e funzionamento, di un direttore generale e di una dotazione organica; il personale deve transitare, senza creare duplicati il cui costo sarebbe a carico dei cittadini. Vorrei ricordare, infatti, che la messa a regime del servizio è una delle condizioni per poter ricevere e spendere i fondi che l’Europa e lo Stato come il Patto per la Sicilia, ci mettono a disposizione per il settore idrico, che comprende anche la depurazione».
La palla torna adesso ai Comuni che hanno cercato sempre negli anni una solida e riscontrata interlocuzione con il presidente Crocetta.