Una donna nigeriana è stata arrestata in provincia di Foggia perché avrebbe costretto le giovani connazionali arrivate in Italia a prostituirsi ricorrendo anche alla pratica dei riti voodoo, secondo la polizia.
Gli agenti della squadra mobile di Siracusa, con la collaborazione della polizia di Foggia, hanno eseguito una ordinanza della misura cautelare in carcere emessa l’8 febbraio dal gip del Tribunale di Catania nei confronti di una nigeriana che dimora in provincia di Foggia. L’arrestata avrebbe organizzato un flusso di giovani donne reclutate in Nigeria e introdotte in Italia per essere avviate all’attività della prostituzione. Vittime tratta costrette con riti voodoo e minacce morte.
Secondo la polizia le giovani sarebbero state costrette tramite l’inganno e la pratica dei riti voodoo, con minacce di morte per le vittime e per i loro familiari. Grazie al forte potere di intimidazione derivante dal rito “Ju-Ju“, l’indagata sarebbe riuscita a convincere le vittime a scappare dai centri di accoglienza, dove si trovavano dopo l’arrivo in Italia. La nigeriana è accusata di diverse ipotesi di tratta di esseri umani, riduzione in schiavitù, aggravati dall’aver agito anche in danno di minori, dall’aver esposto le persone a un grave pericolo per la vita e l’integrità fisica (facendo attraversare il continente di origine sotto il controllo di criminali che le sottoponevano a privazioni di ogni genere e a diverse forme di violenza, e le facevano giungere in Italia via mare a bordo di imbarcazioni), dall’aver contribuito alla commissione del reato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività delittuose in più di uno Stato; dei delitti di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, del delitto di sfruttamento della prostituzione e auto-riciclaggio dei proventi dell’attività delittuosa. Indagine dopo dichiarazioni di una giovane ingannata L’indagine, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catania, è scattata in seguito alle dichiarazioni di una giovane nigeriana che, al momento dello sbarco al porto commerciale di Augusta nel luglio 2016, aveva dichiarato di avere intrapreso un lungo viaggio in autobus dalla Nigeria fino in Libia e da lì verso l’Italia, attraversando il mare, contraendo un debito di 30 mila euro quale corrispettivo per “le spese di viaggio“. Durante il periodo di “prigionia” in Libia la donna apprendeva della sua destinazione al mercato della prostituzione e comprendeva di essere stata ingannata con false promesse, subendo violenze fisiche e psichiche dai “sorveglianti“. Arrivata in Italia, la vittima ha deciso di chiedere aiuto alla polizia.