“I sindacati sono venuti a conoscenza della conclusione della selezione pubblica per la copertura di un posto di categoria D da destinare al settore internazionalizzazione dell’Università degli Studi di Palermo. Questa vicenda ha segnato una delle pagine più nere della storia dell’Università di Palermo. Si è consumata, sotto gli occhi di tutti, una ingiustificata disparità di trattamento: se, infatti, il rappresentante del personale in consiglio di amministrazione è stato ammesso a una procedura concorsuale, la medesima possibilità è stata negata ad un altro componente, il prof. Enrico Napoli che, non a caso, è stato escluso da un analogo procedimento”.
E’ quanto scrivono Giovanni Madonia Ferraro, coordinatore provinciale dello Snals Settore Università, e Maurizio Ippolito, segretario generale Cisl Università Palermo e Trapani, che hanno indirizzato una lettera al rettore dell’ateneo palermitano Fabrizio Micari e al Cda dell’Università degli Studi.
“L’atteggiamento più preoccupante in questa vicenda – scrivono le due organizzazioni sindacali – è stato, senza dubbio, quello del Direttore Generale che, anziché prendere atto delle segnalazioni dei sindacati e adoperarsi per l’adozione di provvedimenti in autotutela dell’ateneo, ha difeso l’indifendibile. Il direttore generale sostiene che “laddove in tema di procedure di reclutamento riguardanti i professori sussiste una norma speciale di incandidabilità, per la conclusione di contratti di qualsivoglia natura si dà una diversa disposizione ostativa alla stipulazione, la quale non può che intervenire a valle dell’espletamento di procedure selettive”. D’altra parte, come già si è avuto modo di rilevare, sarebbe davvero assurdo ipotizzare che la legge abbia, attraverso un escamotage, aggirato il divieto assoluto di incandidabilità, limitando la sua efficacia esclusivamente al solo momento formale della stipula del contratto e non a tutto l’iter selettivo”.
E aggiungono: “Ci troviamo, dunque, di fronte ad una realtà in cui il direttore generale si permette di andare contro il dettato normativo, giustificando illegittime disparità di trattamento, evidentemente noncurante della massima apposta in tutti i tribunali italiani “la legge è uguale per tutti”. La tecnocrazia, forse ritenendosi al di sopra della legge, ormai spadroneggia all’Università di Palermo, impossessandosi, in alcuni casi, di competenze proprie degli organi di governo e, addirittura, esprimendo atti che trascinerebbero pericolosamente l’ateneo nei meandri dell’illegalità e del favoritismo”.
“Non si spiegherebbe altrimenti – aggiungono Snals e Cisl – la scelta del direttore generale di determinarsi in totale solitudine ad adottare la presa di posizione sulla vicenda di cui alla nota prot. n. 5646 del 22/01/2020. La stessa, infatti, non è stata concertata con gli Organi di Governo di Ateneo né risulta sottoscritta dal Rettore, cui lo statuto affida il compito di vigilare “sulla corretta gestione dell’università”. In tale ottica, auspichiamo che il rettore si faccia promotore delle opportune iniziative presso gli organi di governo dell’ateneo mirate a definire regolamenti in merito alla materia in oggetto, nel rispetto del dettato di legge, che in ogni caso evitino interpretazioni soggettive di comodo. Tale gravissima vicenda non può essere frettolosamente archiviata come un caso di ordinaria infrazione, mentre in altre situazioni di presunta inadempienza o di inottemperanza alle regole si ricorre a provvedimenti disciplinari che possono portare addirittura al licenziamento”.
“Da ultimo – concludono – in considerazione delle posizioni fortemente lesive dei principi sopra richiamati espresse dal direttore generale, sembra opportuno che il consiglio di amministrazione, che ha conferito l’ incarico al dott. Romeo, nell’esercizio del suo compito di vigilanza e sussistendo i presupposti di un inadempimento grave rispetto all’incarico assunto, chieda al rettore di attivare le procedure per recedere da un rapporto contrattuale che ha creato danno così evidente all’ateneo palermitano”.