GUARDA IL VIDEO IN ALTO
Ecco un estratto dello SPECIALE dedicato al Depistaggio di Via D’Amelio, realizzato da ilSicilia.it, con l’intervista all’Avv. Rosalba di Gregorio.
Qui si parla delle “anomalie” nelle indagini e del ruolo dei pm che all’epoca si occuparono di Scarantino.
*****
(…) Al Borsellino Quater chiesi a Mario Bo e ai pm (Palma, Petralia, Di Matteo, Giordano) se Scarantino avesse un telefono. “Non lo sappiamo”, invece lo sapevano! Lo hanno intercettato nella sua località protetta, facendoci pure delle conversazioni, che poi hanno stralciato e inserito in un faldone “Ignoti”».
Intercettazioni dove non mancano numerose “anomalie”, dato che alcune sembrerebbero essere state manipolate e spente nei momenti in cui parlava coi magistrati…
«Questa è un’ulteriore cosa. Ma senza arrivare al momento patologico dell’interruzione delle intercettazioni (che non è un’anomalia, ma un reato) il problema è già a monte. Perché quando interrogammo tutte queste persone come testi, quindi sotto giuramento, al processo Quater, chiesi: “Se Scarantino rilascia l’intervista ad Angelo Mangano di Studio Aperto, come la fa? Per forza un telefono doveva avere, dato che non poteva uscire in quanto ai domiciliari e sotto protezione h 24…” I pm mi risposero che non ne sapevano niente, nemmeno su quale fosse la località protetta».
Chi erano questi pm?
«Palma, Di Matteo, Petralia, Giordano… L’unico che non ha potuto rispondere in primo grado, perché è venuto in sedia a rotelle e su certe cose non ricordava, era il Dott. Tinebra (l’allora Capo della Procura di Caltanissetta) che era in condizioni di salute non buone e poco dopo morì».
La Procura di Messina nel frattempo ha chiesto l’archiviazione delle indagini sui pm Palma e Petralia. Lei però ha presentato ricorso contro l’archiviazione.
«Si, perché io penso che il lavoro della Procura di Messina si sia concluso un po’ troppo presto. Non puoi chiedere l’archiviazione senza tenere conto delle testimonianze raccolte in tutti i processi Borsellino (dall’Uno al Quater), limitandoti a estrapolare degli spezzoni di frasi. Nelle carte nascoste nei faldoni ignoti abbiamo trovato le telefonate dei pm. Come si fa a ritenerle “neutre” quando si sente Petralia dire:
“Scarantino, ci dobbiamo tenere molto forti perché siamo alla vigilia della deposizione. Noi verremo sicuramente giovedì, ci saranno anche il dottore Tinebra e probabilmente anche il dottor La Barbera, quindi tutto quanto lo staff delle persone che lei conosce e… lei potrà parlare con Tinebra, con La Barbera di tutti i suoi problemi… e contemporaneamente iniziamo un lavoro importantissimo che è quello della sua preparazione alla deposizione al dibattimento”.
Se questa è una dichiarazione “neutra”…! A me fa piacere apprendere (dice con sarcasmo l’avv. Di Gregorio, ndr) che i pm “preparino” i pentiti prima del dibattimento. Di certo quello di Scarantino non sarà stato l’unico caso. Il problema però è che se il soggetto oggi si è rivelato falso, andiamoci piano nel dire che quelle intercettazioni sono “neutre”, perché per me non lo sono. Una cosa è aggiustare i ricordi, un’altra è raccontare cose senza essere mafiosi. Scarantino era solo un balordo della Guadagna cui fu fatto studiare e recitare un copione.
Ciò prevede non solo la conoscenza del processo sul depistaggio ma anche tutti i processi su via D’Amelio. La sentenza di primo grado del Ter firmata dall’attuale procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, nell’analizzare Scarantino scrive di fare attenzione e non tenere conto delle sue dichiarazioni, perché c’è il sospetto che con gli altri due collaboratori Andriotta e Candura (anche loro falsi, ndr) si siano messi d’accordo, non tra loro, ma che qualcuno li abbia fatti mettere d’accordo. Cioè questa sentenza anticipa quanto si scoprirà dopo. Molto prima delle dichiarazioni di Spatuzza. Quindi era già chiaro che Scarantino fosse un “pupo”. Già la Boccassini e Sajeva prima del processo Bis avevano avvertito la Procura di Caltanissetta con due lettere. Lettere che spariscono per anni ma che la Boccassini – che non è l’ultima arrivata – aveva inviato anche a Palermo, a Caselli.
Spariscono per anni anche i confronti tra Scarantino e i pentiti Cancemi, Santino Di Matteo e Gioacchino La Barbera. Confronti che ritroviamo solo dopo molti anni. E sono confronti importanti perché questi pentiti smascheravano Scarantino. I pm applicarono il principio della “parcellizzazione della chiamata”: cioè se un pentito dice una fesseria, anziché buttare tutto si salva ciò che serve, ciò che è riscontrato, lasciando “vivere” il resto delle sue propalazioni. Qui invece hanno applicato il principio male, anzi al contrario: non depositando i confronti che smascheravano Scarantino. Quindi hanno nascosto sotto al tappeto le informazioni che lo avrebbero fatto mettere in discussione! E vorrebbero farci credere che tutto questo è involontario? E perché?
A Messina hanno preso gli atti da poco… tutto sommato solo un anno di indagine. Ci sono pure dei passaggi che non sono stati approfonditi come quello del pentito Francesco Marino Mannoia che smaschera Scarantino “dopo 30 secondi” e che invece per i pm avrebbe confermato la “mafiosità” di Scarantino.
Dalle indagini di De Lucia (Procuratore di Messina, ndr) si è scoperto pure un altro tema non approfondito: quello degli avvocati di Scarantino. L’Avv. Santino Foresta ha detto che durante un interrogatorio accadde un episodio strano con Scarantino che prima ritrattò, poi uscì dall’aula e infine tornò sui passi ritrattando di nuovo. Ma manca il verbale, ci sarebbe circa un’ora di buco nell’interrogatorio. Quindi bisognerebbe approfondire questo tema, e non archiviare le indagini».
Lei ha puntato il dito contro il pm Nino Di Matteo. Nella richiesta di archiviazione di Messina lei ha sottolineato un passaggio su Di Matteo e ha scritto: «Non si doveva dare il piano di protezione a Spatuzza per non far pensare alla gente che il processo su via D’Amelio fosse fondato su falsi pentiti! Esilarante… o forse drammatico…».
«Questo lo scrive in una nota la Procura di Messina. Su Di Matteo io ho sempre parlato apertamente, non sono una che si nasconde dietro il dito. Lui non c’è nella prima fase in cui Candura (altro falso pentito) accusa Scarantino. Poi arriva Andriotta (altro falso pentito) che serviva come “ponte” per confermare l’autoaccusa di Scarantino sull’esecuzione della strage, e anche in questa fase Di Matteo non c’è. Lui arriva, se non erro, nel novembre 1994, chiamato da Tinebra visto che nel frattempo si era alzato un polverone con le lettere della Boccassini che abbandonò le indagini e la pista Scarantino.
Tinebra allora chiama il giovane magistrato Di Matteo e gli dice: “Azzera tutto, parti da capo e vai a interrogare Scarantino”. Ciò non è molto rituale, visto che già si erano raccolte le dichiarazioni. Cosa doveva fare? Fargliele aggiustare? Boh… In questa fase il “pupo” è vestito, così come i “pupi” che lo hanno preceduto; quindi nella prima fase Di Matteo è assolutamente “vergine”. Ma poi lui c’è all’udienza preliminare del processo Bis, e me lo ha ammesso, mentre prima sosteneva di no. C’erano lui, la Palma e Petralia. È l’udienza nella quale avevamo chiesto i famosi confronti “spariti”. Lui partecipa ai confronti. Lui raccoglie le dichiarazioni intercettate tra il pentito Santino Di Matteo e la moglie Castellese…».
Cioè?
«C’è un’intercettazione tra i due nelle fasi in cui il figlio del pentito viene rapito (poi verrà sciolto nell’acido, ndr). La Castellese dice al marito Santino Di Matteo di tapparsi sostanzialmente la bocca e non parlare dei “poliziotti infiltrati coinvolti nella strage di via D’Amelio”. Questa intercettazione è del 14 dicembre 1993, ma l’indagine lui la fa con Petralia nel 1997. Questo non è un elemento di poco conto, perché quella intercettazione è sconvolgente.
Inoltre, il giornalista di Mediaset Angelo Mangano ha testimoniato che nell’intervista integrale di Studio Aperto, c’era una parte tagliata non mandata in onda in cui Scarantino accusava Arnaldo La Barbera. La moglie di Scarantino e i familiari lo sostengono e attaccano tutti La Barbera. Le accuse quindi vengono non solo dalla moglie di Scarantino, ma anche dalla signora Castellese. Quindi, era il caso di porsi un dubbio nel momento in cui agiscono i poliziotti. No, alcuni magistrati hanno fatto le manifestazioni di solidarietà per La Barbera. Avrebbero fatto meglio a svolgere indagini su Arnaldo La Barbera!
Anche perché prima che si penta Candura (quindi teoricamente quando ancora brancoliamo nel buio), è stata realizzata una relazione dei Servizi di sicurezza che diceva dove era allocata l’autobomba; è stato, dunque stilato il copione che poi reciterà Scarantino. Siamo ad agosto del ’92 e i Servizi riportano una dinamica che hanno appreso da fonti della Polizia di Palermo, che guarda caso sarà quella che reciterà Scarantino e che sarà falsa perché il magazzino indicato non era quello, ma era il garage di via Villasevaglios indicato da Spatuzza. Quindi tutte queste cose, tutti questi sospetti, non hanno destato interesse.
Continuando a parlare di Nino Di Matteo, le intercettazioni che sono state trovate negli archivi nascosti della Procura dimostrano per esempio altre cose: i magistrati sapevano perfettamente chi c’era lì di servizio con Scarantino. Si sentono ad esempio la Palma e Petralia dire: “Ah c’è lì tizio? Allora passamelo…” Quindi non è vero che non conoscevano l’attività di questi poliziotti, piazzati lì h 24 a casa di Scarantino o nei dintorni.
E poi per fare cosa? Questo è un altro dei misteri di questo processo: perché da Palermo partivano gruppi di questi poliziotti del gruppo “Falcone Borsellino” per andare in Liguria nella località protetta di Scarantino? Non era previsto nel programma di protezione. C’era pure una donna per proteggere la moglie di Scarantino, perché lui era geloso. Tutto ciò agli altri collaboratori non è stato mai fatto. È stato fatto di sostegno a lui perché lui era un pentito farlocco. Abbiamo scoperto che nelle telefonate che lui faceva a Bo, ai pm, all’avvocato… minacciava spesso di andarsi a costituire in carcere perché non ce la faceva più. Perché recitare quel copione era diventato insostenibile. Se ne andava in tilt quando qualcuno lo smentiva, e tra l’altro si trattava di un soggetto abbastanza labile, come certificato nel foglio di congedo militare, che lo riformava per problemi mentali. Tutto questo era prodotto agli atti e non se ne interessò nessuno. Quindi questo era: pazzoide, inconsistente come caratura mafiosa, e ha reso un percorso che certamente non è di costanza di dichiarazioni».
Lei scrive: «Singolare è che, per sentire la Sig.ra Castellese, i pm (Di Matteo e Petralia) siano assistiti da Michele Ribaudo, Giuseppe Di Gangi e Mario Bo».
«Sì, certo. Questo è proprio una considerazione estremamente banale. Cioè, se so che nell’intercettazione la signora Castellese parla di poliziotti infiltrati in via D’Amelio, la interroghi: A) con dei poliziotti davanti? e B) con quelli che si sono occupati delle indagini di via D’Amelio? Ciò mi sembra veramente incredibile! Ma intanto è stato fatto…».
LEGGI ANCHE:
ESCLUSIVO, Speciale via D’Amelio: “Da Mr. X all’Fbi, ecco i misteri del Depistaggio” | VIDEO
Speciale via D’Amelio: “Non fu solo mafia, nei sacchi dell’Fbi la verità sulla strage” | VIDEO
I buchi neri della Strage di via D’Amelio: ecco i misteri irrisolti