“Chi è causa del suo mal pianga se stesso”. Il proverbio italianizzato è tratto da una frase di Dante Aligheri e rende l’idea dello stato dell’arte. Luca Bianchi, oggi direttore dello Svimez, ha pubblicato un paio di giorni fa l’ennesimo quadro sconfortante della Sicilia e di tutto il Sud in generale.
Qualcuno dimentica però che Bianchi è stato l’assessore all’Economia dell’ex governo regionale, targato Rosario Crocetta.
Calato dal Pd romano nell’Isola a seguito della rinuncia di Francesca Basilico D’Amelio, da anni Bianchi è un tecnico di primo piano nelle stanze del potere romano.
La D’amelio era capo della segreteria tecnica del ministero dello Sviluppo economico dal 2006 al 2008, quando ministro era Pierluigi Bersani. In quel periodo, viceministro era Sergio D’Antoni e la Basilico era stata infatti indicata proprio dalla corrente del Pd, guidata da D’Antoni e dal segretario regionale Giuseppe Lupo. Poi il suo posto venne peso da Bianchi, rimasto alla guida dell’assessorato per un paio d’anni.
E così, oggi a dirigere l’agenzia che informa i Siciliani e tutto il Sud con i suoi dati allarmanti, è colui che dal 2012 al 2014 ha occupato la poltrona dell’assessorato regionale più pesante, quello all’economia, messo lì su ordine del Pd nazionale, che con Bianchi di fatto “commissariò” le scelte del governo Crocetta in materia economica. Lo stesso Bianchi, poi, dal 2014 al 2018, venne chiamato a ricoprire il ruolo di Capo Dipartimento delle Politiche competitive, della qualità agroalimentare, ippiche e della pesca al Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ancora una volta con Renzi al Governo e poi con Gentiloni.
Durante una delle tante crisi del governo Crocetta quando la giunta si era rivoltata contro al presidente, lui era rimasto in sella alla sua poltrona. Ordini dalla Capitale a quanto pare.
Viene ricordato per essere l’estensore della Finanziaria regionale, di cui 33 articoli su 50 vennero impugnati dal Commissario dello Stato. Finanziaria che poi ottenne il via libera dall’Ars dopo che il parlamento regionale impegnò il governo a pubblicare la manovra senza le norme bocciate. Lo stop del commissario Aronica alle norme della manovra per il rifinanziamento di leggi di spesa, aveva bloccato infatti circa 500 milioni di euro, spostandoli in un fondo a salvaguardia dei residui attivi (crediti difficilmente esigibili), lasciando senza copertura finanziaria le leggi di rifinanziamento della spesa, con migliaia di dipendenti di enti, consorzi e associazioni che non poterono ricevere stipendi.
“Stiamo facendo i conti, non sappiamo ancora con esattezza quante sono le persone coinvolte, la situazione è complessa”, affermava l’allora assessore regionale all’Economia, che aveva già preso contatti a Roma col ministero del Tesoro e col dicastero degli Affari regionali “per dimostrare carte alla mano l’infondatezza dell’impugnativa”. Bianchi fu costretto a fare altre tre manovre in Sicilia per tamponare la situazione e poi si dimise.
Fin qui la storia. Intanto, contro il governo Musumeci piovono le critiche dell’opposizione. “L’accordo Stato-Regione Siciliana sull’Iva firmato a dicembre 2018 dall’assessore Falcone ci farà perdere ulteriori 800 milioni rispetto all’anno scorso, spingendoci sempre di più verso il baratro. Da Crocetta a Musumeci non è cambiato assolutamente nulla”. Ad alzare la voce contro le “scelte scellerate dell’esecutivo Musumeci che ‘sono assolutamente da rivedere, se non si vuole assestare il colpo decisivo alla Sicilia”, è il Movimento 5 stelle all’Ars.
“La modifica del decreto attuativo sulla nostra autonomia finanziaria approvata a dicembre dal consiglio dei ministri determinerà un taglio netto dell’Iva attribuita alla Sicilia di oltre il 65 per cento e ci farà perdere 800 milioni l’anno, una cifra insostenibile per le casse asfittiche della Regione. A nostro avviso, e con noi lo dicono illustri giuristi – afferma il deputato 5stelle Sergio Tancredi, componente della commissione Bilancio – l’accordo è incostituzionale, in quanto va contro lo Statuto siciliano, che è parte integrante della Costituzione. È paradossale, pertanto, che un accordo del genere prevalga sulla Costituzione. Il governo Musumeci deve assolutamente chiedere la nullità di tutti gli atti che vanno contro la Costituzione e ridiscutere tutto quello che riguarda la materia fiscale nei rapporti tra governo centrale e Regione. Mi stupisce – continua il deputato – che tutto ciò avvenga con un assessore al Bilancio come Armao, da sempre fustigatore di Baccei e che adesso replica pedissequamente la stessa strategia del suo predecessore, a danno della Sicilia. Sarebbe il caso che Musumeci non sottovalutasse la questione delle risorse perdute nei rapporti tra Stato e la Regione. Chieda ad Armao il conto economico dei crediti di spettanza costituzionale vantati dalla Sicilia nei confronti dello Stato: rimarrà allibito. Sono somme che potrebbero salvare la Sicilia”.