In questi giorni si è parlato molto di tanatoprassi, il trattamento di conservazione delle salme che ha permesso di esporre per più giorni il Papa Emerito, Joseph Ratzinger.
Il trattamento, infatti, permette di conservare i corpi dai 10 ai 15 giorni prima della sepoltura. Il trattamento, però, non è da confondere, ovviamente, con l’imbalsamazione perpetua, proprio perché è temporanea.
Tecnicamente il corpo subisce una veloce trasformazione con la fuoriuscita di liquidi organici e la presenza di vapori nauseanti, che rendono la veglia funebre traumatica e potenzialmente pericolosa. La tanatoprassi consiste nell’iniezione nel circuito sanguigno della salma di un prodotto innovativo dal nome Fluytan, un sostituto dell’ormai vetusta formalina.
Il composto viene utilizzato universalmente nel campo funerario, dell’istologia, dell’istopatologia e delle tecniche immunoistochimiche. Riesce, inoltre a conservare meglio il Dna, conserva la morfologia, agisce rapidamente e non è tossico per gli occhi, la pelle e le vie respiratorie.
Secondo quanto afferma l’Istituto Nazionale Italiano di Tanatoprassi, inoltre, viene garantito il naturale ritorno in polvere del corpo in un tempo massimo di 10 anni, mentre un corpo che non ha subito nessun trattamento può richiedere dai 40 agli 80 anni.
La tanatoprassi presenta benefici anche nel settore della medicina legale e della polizia scientifica.
Ad esempio il fissativo è in grado di ridonare ai polpastrelli quella idratazione necessaria alla limpida lettura dell’impronta. Inoltre, a differenza della formaldeide, non sembra interferire con le indagini tossicologiche. Questo perché non riduce l’attività enzimatica e non sembra alterare, per reazione chimica, le molecole esogene eventualmente presenti nei tessuti e nei fluidi biologici e non interferisce con la determinazione dell’alcol etilico.