Guarda le video interviste in alto
Scena aperta e luci in sala: entrano così sul palcoscenico del Teatro Biondo di Palermo gli attori, anime alla deriva, dello spettacolo, che ha debuttato in prima nazionale, “Marat Sade” di Peter Weiss, per la regia di Claudio Gioè, con la collaborazione di Alfio Scuderi.
Ai cinque rintocchi calano le luci e, sulle note della marsigliese, gli ospiti dello manicomio di Charenton vestono i ruoli voluti dal Marchese di Sade – in scena è lo stesso Gioè a interpretarlo – per raccontare gli ultimi momenti di vita dell’amico Jean-Paul Marat – un appassionato Filippo Luna – prima del suo assassinio.
Sono “attori ai primi esperimenti“, ma non per questo meno convincenti, perché, recita l’attualissimo e contemporaneo testo di Weiss, “le arti belle si insegnano ai malati“.
Marat Sade, il cui titolo esteso è “La persecuzione e l’assassinio di Jean-Paul Marat, rappresentati dai filodrammatici di Charenton, sotto la guida del Marchese di Sade”, andò in scena per la prima volta allo Schiller Theater di Berlino nel 1964 con la regia di Konrad Swinarski.
Tre anni dopo, alla vigilia di quel ’68 che scuoterà l’Europa e il mondo intero, questo dramma in due atti, che propone una potente riflessione sul senso della rivoluzione francese e dei suoi protagonisti, avrà la sua consacrazione nella versione cinematografica di successo diretta da Peter Brook.
Il testo di Weiss vede da un lato il personaggio di Marat, “marxista” ante-litteram, completamente immerso nella necessità dell’azione, un rivoluzionario puro, e dall’altro il borghese intellettuale Sade, che rivendica l’importanza di un individualismo soggettivo e libero, anticipando le derive solipsistiche dell’intellettuale moderno.
“Io non so se sono il baro o la vittima“: tesi ed antitesi sono messe in scena, dall’intera compagnia di pazzi (Silvia Ajelli, Antonio Alveario, Giulia Andò, Maurizio Bologna, Giulio Della Monica, Germana Di Cara, Ermanno Dodaro, Gaia Insenga, Raffaele Pullara, Fabrizio Romano), diretta dallo stesso Sade, e il manicomio – nella bella scena allestita da Enzo Venezia (assistente scenografa Giusi Giacalone), che ha curato pure i costumi (con l’assistenza di Ylenia Modica) – diventa un luogo dove la libertà viene evocata e agita in tutta la sua forza. Le musiche originali, eseguite dal vivo, sono di Andrea Farri; efficace il progetto luci di Luigi Biondi; il suono è di Pippo Alterno; trucco Gaetano Pusanti.
Repliche fino all’8 marzo; qui il calendario dei diversi giorni.
- Foto di scena di Rosellina Garbo.