È un indizio di mancato lieto fine il castello in miniatura, al centro della scena, che svanisce alla visione prima del buio in sala: simbolo di un miraggio nelle vite di Carolina e Rusinella, protagoniste de “La scortecata”, nella riscrittura di Emma Dante, in scena al Teatro Biondo (sala Strehler) che lo produce insieme al Festival di Spoleto.
Sorelle, vecchie, sole e storpie ma con ancora un alito di vitalità, nella sorprendente interpretazione di Salvatore D’Onofrio e Carmina Maringola, che permette loro di fantasticare e progettare una svolta almeno per una delle due.
Una vita routinaria trascorsa sempre insieme che però, alla soglia della tramonto, lascia l’amaro in bocca.
In un dialogo serrato e fortemente caratterizzato alla maniera della Dante, che mantiene nel napoletano l’impronta della fiaba originale di Giambattista Basile, “dialetto madre” dei due attori, Rusinella e Carolina, si sfiancano giorno e notte in esercizi che possano rendere liscio e attraente almeno “lu mignolotto”, parte di un corpo grinzoso e flaccido per destino naturale.
Tutto nasce dalla promessa fatta al re ansioso di godere anche del corpo di quella donna che, con voce da usignolo, lo ha già ammaliato.
La voglia di essere desiderabili agli occhi di un uomo obnubila la realtà: e così basta un grande lenzuolo per rendere, sulla musica di un “Mambo Italiano”, l’incontro d’amore con il re che, scoperto l’inganno, getta la vecchia dalla finestra.
Da questo momento in poi Rusinella e Carolina, continuano a sognare da sole e diventano ancora più complici perché la favola, a nostro avviso, racconta sì l’indigesta condizione della vecchiaia ma anche l’indissolubilità di un rapporto simbiotico.
Rusinella, infatti, attua una “fatazione” e trasforma la storpia e triste sorella in un’attraente fanciulla dalla chioma rossa; l’infingimento, però, dura poco e non risolleva l’animo di Carolina che non ci crede più nelle favole e chiede l’ultimo gesto d’amore: “Mi devi scortecare”.
Ritorna ancora la musica napoletana, questa volta con le suggestive parole di “Cammina Cammina”, che fanno da cornice ad una scena che, lasciato il tratto grottesco, diventa poesia.
La forza dello spettacolo, che anche a Palermo raccoglie calorosi applausi, sta tutta nella sua capacità di condurre lo spettatore nella dimensione fiabesca, resa, all’unanimità, dall’interpretazione lirica degli attori, dal sapiente progetto luci realizzato da Cristian Zucaro, e dalle semplici invenzioni sceniche adottate dalla regista.
Repliche fino al 6 maggio; giorni e orari sul sito del teatro.