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L’azione s’inquadra nelle indagini condotte dall’Arma per la cattura del boss Matteo Messina Denaro, latitante ormai da circa trent’anni.
La maxi operazione chiamata “Hesperia” è condotta dai carabinieri del Ros e dal comando provinciale di Trapani contro l’area grigia dei presunti favoreggiatori del superlatitante Matteo Messina Denaro. I militari, con il supporto dei Comandi Provinciali Carabinieri di Palermo e Catania, del 9° Nucleo Elicotteri di Palermo, degli Squadroni Eliportati “Cacciatori Sicilia” e “Cacciatori Calabria”, nonché del 12° Reggimento Carabinieri “Sicilia”, stanno eseguendo provvedimenti emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo nei confronti di 70 indagati, 35 dei quali sono stati arrestati. Sono accusati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, turbata libertà degli incanti, reati in materia di stupefacenti, porto abusivo di armi, gioco d’azzardo e altri reati, tutti aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose. Sono in corso anche decreti di perquisizione e sequestro.
L’indagine s’inquadra nella più ampia manovra investigativa condotta dall’Arma in direzione della cattura del latitante Matteo Messina Denaro.
L’attenzione dei Carabinieri si è concentrata su alcuni esponenti di primo piano dei mandamenti mafiosi di cosa nostra trapanese, confermandone la riferibilità alla leadership del ricercato castelvetranese, il quale sarebbe ancora in grado di impartire direttive funzionali alla riorganizzazione degli assetti della suddetta provincia mafiosa.
Nel corso delle indagini del Ros sono stati ricostruiti anche rapporti che vanno al di la della provincia di Trapani, con cosa nostra palermitana, agrigentina e catanese nel cui ambito i mafiosi trapanesi venivano indicati come “quelli che appartengono a Matteo Messina Denaro”
La mafia trapanese, secondo le investigazioni, continuerebbe a regolare il proprio funzionamento sul più rigoroso rispetto delle regole ordinamentali che hanno nel tempo contraddistinto l’agire dell’organizzazione.
Il monitoraggio delle famiglie mafiose di Campobello di Mazara, Mazara del Vallo e Marsala, nelle loro espressioni di vertice ha fatto emergere, in primo luogo, la figura di un uomo d’onore campobellese, Francesco Luppino, arrestato nel 2013 nell’ambito dell’operazione Eden e poi scarcerato, indicato dagli investigatori come uno dei “fedelissimi” del boss.
Secondo gli investigatori dopo essere tornato in libertà avrebbe ricominciato a tessere le fila nel mandamento di Campobello Di Mazara. Recentemente scarcerato e già protagonista in passato di importanti dinamiche riguardanti i rapporti dell’area trapanese con esponenti apicali di cosa nostra palermitana, secondo quanto ritenuto dal Giudice per le indagini preliminari, sarebbe gravemente indiziato di avere acquisito centralità in tutto l’aggregato mafioso di quella provincia, risultando in grado di esprimere una costante e trasversale autorevolezza nell’ambito di dinamiche intermandamentali, anche esterne alla provincia di Trapani.
Posizione di rilevanza questa garantita anche dalla ritenuta vicinanza al MESSINA DENARO del quale l’uomo d’onore campobellese – a detta di alcuni indagati – avrebbe ricevuto comunicazioni finalizzate alla designazione dei referenti di diverse articolazioni territoriali mafiose della provincia: elementi questi confermativi della primazia del MESSINA DENARO nelle dinamiche complessive della provincia trapanese.
L’uomo d’onore campobellese – la cui operatività sul territorio sarebbe stata garantita, secondo univoche emergenze compendiate dal GIP nel provvedimento cautelare, da un fiduciario parimenti raggiunto dal provvedimento cautelare – avrebbe:
– designato il reggente della decina di Petrosino;
– chiesto conto circa la nomina del reggente dell’importante mandamento di Mazara del Vallo, rimasto vacante all’esito dell’operazione “ANNO ZERO”.
Le investigazioni hanno anche permesso di ricostruire la successione al vertice di cosa nostra marsalese, individuando i soggetti allo stato gravemente indiziati di rivestire il ruolo di reggenti e documentandone le interlocuzioni con il più volte citato esponente mafioso campobellese.
Sono state, infine, acquisiti gravi indizi con riferimento a:
– dinamiche associative ultra-provinciali, in direzione di cosa nostra palermitana, agrigentina e catanese nel cui ambito i trapanesi venivano indicati come “quelli che appartengono a Matteo Messina Denaro”;
– le attività di infiltrazione di cosa nostra trapanese nel tessuto economico/sociale con riferimento a presunti condizionamenti della libertà degli incanti, alla gestione, in forma monopolistica, del settore della sicurezza nei locali notturni e del recupero crediti;
– interventi finalizzati ad alterare le procedure di aggiudicazione di immobili oggetto di asta giudiziaria;
– presunte estorsioni in danno di aziende locali nel settore enogastronomico (tra cui una cantina vinicola) e turistico (strutture ricettive);
– la disponibilità di armi da fuoco.
Nel corso dell’operazione – svoltasi – sono state effettuate numerose perquisizioni su siti ritenuti di interesse anche ai fini della ricerca del latitante ed intensificate le attività di controllo del territorio nelle località di maggiore interesse operativo.