La corte d’assise d’appello, che celebra il processo di secondo grado sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, è entrata in camera di consiglio per emettere il verdetto.
I giudici si sono ritirati al termine delle brevi repliche delle parti all’udienza che si è tenuta nell’aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo. La corte darà comunicazione alla cancelleria qualche ora prima della pronuncia della decisione che è attesa per i prossimi giorni.
Imputati al processo, che deve far luce sul presunto patto che pezzi dello Stato avrebbero stretto con la mafia negli anni delle stragi mafiose, gli ex ufficiali del Ros dei carabinieri Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe de Donno, l’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, i boss Leoluca Bagarella e Antonino Cinà e il pentito Giovanni Brusca, tutti accusati di minaccia a Corpo politico dello Stato.
Nel corso del processo d’appello è stata dichiarata prescritta l’accusa a carico di Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo Vito, che rispondeva di calunnia aggravata e concorso in associazione mafiosa. Il 20 aprile 2018 al termine del dibattimento di primo grado, la Corte d’Assise ha inflitto 28 anni a Bagarella, 12 a Dell’Utri, Mori, Subranni e Cinà e 8 a De Donno e Ciancimino.
Per Brusca è stata dichiarata la prescrizione. Sotto processo, ma per il reato di falsa testimonianza, era finito anche l’ex ministro dell’interno Nicola Mancino che è stato assolto. La Procura non ha presentato appello e quindi l’assoluzione è diventata definitiva.
Per la cosiddetta trattativa è stato, infine, processato separatamente, in abbreviato, e assolto l’ex ministro Dc Calogero Mannino.