Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito. È così che potrebbe essere sintetizzato il pensiero di Anci Sicilia sui problemi che attanagliano i Comuni dell’isola, che non riescono a riscuotere i tributi in tempo per evitare squilibri di bilancio o, in molti casi, il dissesto.
In attesa che si sblocchi in un modo o nell’altro la questione relativa al bando regionale, che era stato messo a punto nella scorsa legislatura e che è stato sospeso a inizio 2023, la gestione della riscossione è lasciata ai singoli Enti locali. “Da qui deriva buona parte delle difficoltà”, spiega Mario Alvano, segretario generale Anci Sicilia.
Il punto cruciale, però, per Alvano è spostare l’attenzione a monte. “La ridotta capacità di riscossione è solo un sintomo, ma bisogna guardare alle cause”.
E una delle cause, che per la verità secondo Anci sono molteplici, è da ricercare nella varietà del territorio nazionale: “È evidente – dice Alvano – che i territori non sono uguali. La capacità fiscale si differenzia da regione a regione, con un divario netto tra Nord e Sud e anche all’interno della stessa Sicilia ci sono aree con maggiore capacità fiscale rispetto ad altre, ad esempio passando dalla costa all’entroterra”.
Ne deriva una “diversa appetibilità rispetto al mercato immobiliare. Considerando che la principale entrata per i Comuni è rappresentata dall’Imu, oltre alla Tari e ad altri piccoli tributi legati in qualche modo a beni immobili, come affissioni e suolo pubblico, l’impatto sui bilanci degli Enti locali è importante, nel bene e nel male”, fa notare.
C’è un altro elemento, però, da cui non si può prescindere: la capacità amministrativa dei singoli Comuni. “Ci sono diverse fasi da seguire con attenzione – afferma Alvano – a cominciare dalla cura delle banche dati agli accertamenti. Tutto quanto concorre a rendere il sistema efficace o meno. Andrebbe fatta una distinzione tra le aree costiere in cui il mercato è florido e le aree rurali, in cui assistiamo da anni allo spopolamento. Bisogna valutare la reale efficacia di una tassazione che prescinde dal valore immobiliare. Conviene o crea ulteriore depressione economica? Al contrario – dice – è giusto che su un bene che produce ricchezza ci sia una tassazione crescente”.
Per il segretario generale Anci Sicilia l’attenzione non si può focalizzare sulle tecniche di riscossione in sé, bensì “sull’economia del territorio. Se non è fiorente, la capacità di riscuotere diminuisce”.
Il terzo elemento è costituito dalla capacità organizzativa degli Enti locali. “Negli anni i Comuni hanno visto una drastica diminuzione del personale, cosa che ha dato vita a un circolo vizioso determinato dal meccanismo legislativo attuale. La possibilità di assumere, per gli Enti, è legata alla solidità finanziaria. In Sicilia ai pensionamenti non è stato possibile abbinare un turn over nella maggior parte dei Comuni. Tutto ciò si abbina alla situazione riscossione tributi già difficile. La centralità degli uffici Entrate locali è un argomento complesso che va affrontato nelle sue diverse sfaccettature e tenendo conto dell’evoluzione dei tempi”.
Ciò che oggi è la normalità e, in molti casi, non fa più notizia, qualche decennio fa sarebbe stato affrontato in modo diametralmente opposto. “Nel contesto economico difficile in cui ci troviamo a vivere, siamo abituati a sentir dire che un Comune è in dissesto e ha bisogno di un Piano di riequilibrio. Prima era raro, lasciava davvero il segno. I problemi per i Comuni di piccole e medie dimensioni – spiega Alvano – derivano, spesso, dalle difficoltà che si riscontrano nella riscossione volontaria, perché gli strumenti per la riscossione coattiva non sono semplici da attivare. L’ideale sarebbe affidare a ogni Ente l’intera gestione dei tributi, individuando figure con competenze specifiche. Anche il bando regionale, con la riscossione affidata a terzi con importanti garanzie, sarebbe una scelta obbligata, ma non risolverebbe del tutto la questione. L’Ente potrebbe affidare a terzi alcuni aspetti, ma dovrebbe continuare a presidiare ogni fase”.
Non per cercare a tutti i costi un alibi all’incapacità dei Comuni di riscuotere i propri tributi, ma “spesso si fa finta di non vedere la realtà”, dice il segretario generale Anci Sicilia, che fa riferimento al fatto che “è una situazione condivisa dalla maggior parte del territorio dell’Isola, mentre al contrario l’eccezione è costituita dai Comuni che riescono ad avere un’alta percentuale di riscossione. Bisogna pensare ad un approccio diversificato, tenendo conto del potere di contrattazione che ha la Sicilia, in quanto regione a Statuto speciale, nei confronti dello Stato”. Il punto è uno solo: “Da una parte ci sono alcuni Comuni con una buona capacità fiscale che con questa normativa possono investire. Dall’altra parte, il resto, che costituisce l’80%, con le stesse norme si indeboliscono sempre di più”.
Cosa si può fare? “Il 21 settembre – aggiunge Alvano – abbiamo avuto un primo incontro alla Regione con il presidente Schifani e gli assessori Falcone e Messina sulla revisione delle norme che riguardano la finanza locale e l’impatto diretto sul bilancio degli Enti. Verranno avviati tavoli tecnici, ma il percorso non sarà breve. L’obiettivo è di riuscire a modificare il quadro normativo regionale o di trovare soluzioni nell’ambito di accordi tra Stato e Regione”, conclude.