Palermo è da sempre riconosciuta come città d’arte, dalla storia e dalla cultura sconfinata e dal cibo prelibato. Ma nei secoli ha anche vissuto di altro. La tonnara Bordonaro a Vergine Maria, la tonnara di Acqua dei Corsari, la tonnara di Capicello a Sant’Erasmo, la tonnara Florio dell’Arenella, o la tonnara di Mondello: per anni la costa è stata popolata dai pescatori ed è stata scenario di diverse mattanze.
Per la quinta puntata di Tuna Clip, format a cura del Dipartimento della pesca mediterranea della Regione Siciliana e realizzato nell’ambito del progetto Accademia del tonno rosso in Sicilia, abbiamo ricostruito, a partire dalla tonnara Bordonaro di Vergine Maria e dalla tonnara Florio dell’Arenella, quella parte di storia del capoluogo siciliano strettamente legata al mare e alla pesca.
Non a caso il nome di Palermo deriva da “Panormus”, “tutto porto”. Le tonnare e la pesca, soprattutto del tonno rosso, rappresentavano i cuori pulsanti delle borgate marinare. Poi il lento declino che ha colpito tutto il lungomare dagli anni ’50 in poi: il cambio delle tecniche di pesca e delle richieste del mercato e la coincidenza con il sacco di Palermo si rivelarono fatali.
“Queste tonnare hanno avuto grande risalto, erano altamente produttive e di grande spicco. Abbiamo l’interesse e l’intenzione che possano diventare interessanti, non solo dal punto di vista della pesca del tonno rosso ma anche anche dal punto di vista attrattivo, su tutte le attività che si possono fare sul tonno rosso, che dobbiamo sponsorizzare e far crescere“. Così si è espresso Alberto Pulizzi, dirigente generale del Dipartimento della pesca mediterranea.
“Al momento – ha aggiunto – le nostre forze si sono concentrate sulle provincie di Siracusa e Trapani. Allargheremo le nostre iniziative alla provincia di Palermo ma anche a quella di Messina ed Agrigento, per far diventare la Sicilia il punto centrale del Mediterraneo sulle attività inerenti al tonno rosso. Faremo di tutto – conclude – affinché Palermo sia volano di ripresa e inizio di una nuova fase di gestione, produzione e lavorazione del tonno“.
VERGINE MARIA E LA TONNARA BORDONARO
La borgata marinara di Vergine Maria deve la sua nascita proprio all’intensa attività della tonnara.
A ricostruire una parte della sua storia ci ha pensato lo storico e scrittore Antonino Prestigiacomo. “La borgata marinara di Vergine Maria – ci ha spiegato – nasce intorno al 1576, il periodo noto della costruzione del vaglio della tonnara. Dall’attività commerciale nascerà il villaggio. Tuttavia la costa nord di Palermo era già popolata dai tempi preistorici. E’ grazie all’attività commerciale della tonnara – aggiunge – che i vari pescatori di Palermo e della provincia iniziarono a popolare in piccoli gruppi il borgo marinaro. Qui il tonno veniva pescato e lavorato. C’erano diversi operai e i tonnaroti erano più di 200“.
Poi, a partire dalla metà del ‘900 il declino, sia della tonnara sia della borgata. “Contestualmente avvengono il cambio di proprietà e il sacco di Palermo. Tutte le ville liberty, che popolavano la città, vennero distrutte e i detriti vennero versati lungo le coste. Vergine Maria fu tra quelle prese maggiormente di mira“. Tale scempio ebbe delle conseguenze inevitabili e il danno ambientale è notevole: il mare e la scogliera che caratterizzavano il quartiere non ci sono più.
Da quegli anni in poi la tonnara venne abbandonata. A dargli uno scorcio di luce fu Luchino Visconti. In occasione della riprese del film “Il Gattopardo”, il regista prese in affitto la tonnara, apportando alcuni ritocchi alla facciata e dei piccoli lavori agli interni.
In giro per il quartiere abbiamo anche incontrato una memoria storica di Vergine Maria: Andrea D’Aiello. “La tonnara era bellissima. Ricordo quando spingevano le muciare o i vascelli dentro l’arsenale o in mare. Erano una cinquantina di uomini che tiravano e gridavano. I ragazzi e le donne accorrevano“.
Una grande festa, quasi un gioco. Ma la tonnara rappresentava anche una fonte cospicua per l’economia e la sopravvivenza della borgata. “La tonnara portava anche da mangiare, sfamava le famiglie. Il quartiere ora è cambiato tanto dall’ultima calata“.
L’ ARENELLA E LA TONNARA FLORIO
A competere per anni con la tonnara Bordonaro fu la tonnara Florio, nel quartiere Arenella.
L’ex tonnara fu realizzata proprio dall’omonima famiglia che progettò un ampio complesso architettonico, all’interno del quale sorge anche la Palazzina dei Quattro Pizzi. La tonnara restò in funzione fino ai primi del ‘900. Oggi raccoglie eventi privati e parte della strutture è riservata al museo della Fondazione Florio.
A mostrarci il complesso e la Palazzina dei Quattro Pizzi è stato l’imprenditore Chico Paladino Florio.
La palazzina fu disegna dall’architetto Carlo Giachery dietro commissione di Vincenzo Florio senior.
Il salone, che affaccia sul mare e dalla vista davvero mozzafiato, è una delle parti più affascinanti. Ogni angolo racchiude un pezzo di storia unico. E’ il caso del pianoforte o dei colorati affreschi sul soffitto, realizzati da Salvatore Gregorietti e Emilio Murdolo e raffiguranti le battaglie dei paladini di Francia durante il periodo delle crociate.
Si racconta che lo zar di Russia Nicola I, in visita nel 1845 con la moglie e la figlia, rimase talmente affascinato dalla bellezza di Casa Florio da volere riprodurre una sala identica a quella della torre nella residenza imperiale di San Pietroburgo, che chiamarono “Rinella”.
“Questo luogo è stato stravolto dalla cementificazione degli anni ’70, periodo del sacco di Palermo. La tonnara nel piano regolatore era destinata a essere demolita“. Ha detto Chico Paladino Florio.
La fortuna della tonnara ruotò attorno alla figura di Vincenzo Florio, a cui si devono tante innovazioni: dalla conservazione sott’olio alla chiavetta nelle lattine.
Quella della conservazione sott’olio del tonno fu un’idea nata osservando la madre che produceva le conserve, trattate con olio e sale. Da quel momento l’industria del tonno cambiò radicalmente.
“Il sistema di conservazione sott’olio non era un’operazione ovvia e semplice. Una volta chiusa la scatola – ha raccontato Chico Paladino Florio – il tonno veniva tagliato, bollito e inscatolato. Prima veniva messa l’acqua e il sale poi veniva il trancio di tonno e sopra uno strato d’olio. La scatola veniva chiusa, sigillata con lo stagno e lasciata così per circa un mese e mezzo, due mesi. Al termine – aggiunge – le scatole venivano girate sottosopra, in modo che l’olio e la salamoia si scambiassero di posizione. Tale operazione veniva fatta più volte ed era proprio quella che dava al tonno il sapore tipico“.
Con i Florio avvenne anche la modernizzazione delle lattine, con l’invenzione della chiavetta che “si attaccava sul fianco di un filino di metallo, leggermente staccato dalla scatola, si girava e si tirava“.
LA RICETTA
Per la puntata di oggi, il piatto scelto dal nostro chef, Roberto Cascino, sono le braciole di tonno. Una ricetta semplice con protagonista l’oro rosso del Mediterraneo, il tonno rosso. Una preparazione gustosa, per tutti i palati, e pensata per soddisfare tutta la famiglia. Per riprodurla, conoscere gli ingredienti, tutti i segreti e le curiosità basta vedere la puntata.