Metti un palermitano a Gaza. O per meglio dire, metti un pugile palermitano a Gaza e vai via di clichè. Lui è il boxeur Giancarlo Bentivegna da Altofonte e per chi già pregusta la solita storiaccia fatta di violenza e luoghi comuni, la delusione è dietro l’angolo. Non quello del ring, stavolta, ma quello di una realtà che ha come protagonista un atleta che ha due precipui dogmi: lavoro e solidarietà.
“Boxe contro l’assedio” è il progetto avviato con l’ong Ciss che sostiene le attività pugilistiche nelle zone “calde” del Vicino Oriente o, più convenzionalmente, del Medio Oriente e che lo ha portato nella Striscia per divulgare il verbo della “nobile arte”.
A Gaza, come è noto, sono “di stanza” le truppe israeliane con tutte le difficoltà che ne derivano per la popolazione. Qui, Giancarlo Bentivegna è arrivato il 2 settembre portando con sè tutto l’occorrente per gli allenamenti. Guantoni, corde, paradenti e fasce, raccolti dalla Palestra Popolare Palermo dove è guidato dalle sapienti mani di Luigi Spera.
Ieri, l’incontro con il presidente della federazione di boxe locale per la consegna dell’attrezzatura e per discutere del programma. “L’emozione è stata tantissima -racconta – sono il primo pugile non palestinese ad entrare a Gaza dall’inizio dell’assedio”.
“I ragazzi mi hanno parlato delle loro necessità e ci hanno spiegato che, per via della divisione politica tra Fatah e Hamas, dall’Autorità Palestinese non arriva nessun tipo di supporto, per lo sport così come per tutto il resto, mentre gli israeliani impediscono ai Gazawi qualsiasi spostamento”.
“Si trovano quindi in una situazione di totale isolamento e abbandono, non si confrontano con il resto del mondo da più di dieci anni e non hanno accesso alle attrezzature basilari. Ma se c’è una cosa che ho imparato sui palestinesi è che il loro senso di rivalsa alla fine ha la meglio su tutto il resto”.
Difficile definire l’aspetto di Bentivegna, lo guardi superficialmente non capisci se è un adulto dall’età indefinibile o un ragazzo carico dei suoi anni. Pugile professionista, categoria superleggeri, a maggio ha combattuto per il titolo italiano contro Massimiliano Ballisai. Controversa la decisione dell’arbitro che ha fermato il pugile palermitano per una ferita giudicata troppo pericolosa. E dire che Giancarlo, a differenza di tanti altri atleti, il suo incontro col destino se l’era guadagnato a suon di cazzotti, ne aveva dovuti fare di incontri prima che gli fosse concesso di combattere per il titolo. Eppure c’è chi ha condiviso con lui la stessa palestra e può giurare di non averlo mai sentito recriminare nulla.
“Quello di cui più di ogni altra cosa, hanno sete qui a Gaza – continua – sono le esperienze: gli sportivi qui possono confrontarsi solo fra di loro, perciò anche chi ha più voglia di fare e di crescere, magari vince un campionato locale (organizzato con le mille difficoltà del caso) poi ne vince un altro e un altro e alla fine non può fare altro che fermarsi”.
“Non ci sono possibilità di crescita e di miglioramento. Ce la metteremo tutta affinché questo non sia l’ultimo incontro, bensì l’inizio di un processo di crescita e cooperazione, perché l’autodeterminazione passa anche attraverso lo sport”.
Nell’immaginario collettivo i pugili non potrebbero articolare concetti così profondi perchè signora mia la sola vista mi mette paura. Poi lo senti parlare e capisci che, forse, il luogo comune è solo la calda coperta protettiva per noi che amiamo galleggiare in superficie.
Un impiego in una ditta che si occupa della manutenzione di ascensori, lavoro duro in palestra e gli occhi sempre vigili per controllare i ragazzi “di strada”, quelli che la Palestra Popolare di Palermo cerca di aiutare con attività e doposcuola. Dispiace ma Bentivegna non può soddisfare la morbosità di chi va in cerca di “storiacce”, tuttalpiù si troverà di fronte ad un uomo ricoperto di tatuaggi con la determinazione di un Vinny Pazienza e l’atteggiamento bonario di Terence Hill.