Nel Pd sembrano tutti (o quasi) galvanizzati per la possibile scelta di Pietro Grasso quale prossimo candidato governatore per il centrosinistra.
Noi speriamo, per lui, che non accetti. E non soltanto perché da seconda carica dello Stato qual è, sarebbe retrocesso inesorabilmente ad occuparsi di fatti della Regione Siciliana. Non soltanto perché potrebbe aspirare a molto di più, per esempio a diventare la prima carica dello Stato in un futuro neanche troppo lontano. Non soltanto perché il peso politico bipartisan di un presidente del Senato non è lo stesso di quello di un presidente della Regione.
Non soltanto per tutti questi motivi. La ragione principale, infatti, l’ha fornita Michela Giuffrida, eurodeputato Dem, ieri all’uscita dalla direzione del Pd. La sua è stata una dichiarazione semplice semplice che però la dice tutta: “C’è stato un grande assente – ha affermato – il programma da sottoporre ai siciliani, il nostro modello di sviluppo per la Sicilia”.
Ecco, qui casca l’asino: il Pd e i suoi cespuglietti stanno cercando di trovare la quadra sul nome da candidare per fermare l’avanzata grillina. Peccato che nessuno di loro si stia preoccupando di pensare a un programma di governo, che è la cosa più importante. E siamo alle solite: infatti, la vecchia politica litiga su nomi e poltrone e non su dove e come dovrà estrinsecarsi l’azione di governo.
D’altronde, c’è da capirli: dopo cinque anni di regione alla deriva a guida Crocetta, per il Pd che di tale deriva è il principale responsabile, stilare un programma credibile è oltremodo difficile. E’ difficile proporne uno ai Siciliani, cercando di far dimenticare il crocettismo. Forse, qualcuno nel Pd confida nell’effetto-immagine che l’ipotetica candidatura di Grasso porterebbe con sé. Peccato, però, per loro, che i cittadini siciliani non hanno la memoria corta, ma sanno chi sono i responsabili dello sfacelo. E non basta mettere la polvere sotto il tappeto, per far sembrare la casa pulita.
Ecco, dunque, un’altra ragione per cui Grasso non dovrebbe accettare: evitare di fare comunella con i fautori di questo governo-non-governo, con coloro, cioè, che in questi anni non gli hanno staccato la spina per l’unica ragione che conoscono: non perdere le proprie comode poltrone.