Che i Siciliani siano stati nel corso dei secoli attratti dal mare è un fatto ben noto e risaputo, d’altra parte, non potrebbe essere diversamente: un’isola, già per sua definizione, è e deve essere aperta al mare, in quanto è tramite lo spazio marittimo che può mettersi in connessione, in collegamento con il resto del mondo, è da lì che può arricchire e arricchirsi sia economicamente che culturalmente.
La Sicilia, forse molto più di altre isole, è protesa per sua natura verso le distese marittime, in quanto, destino ha voluto, che sorgesse geograficamente in una posizione strategica, trovandosi quasi al centro del Mediterraneo. Non è un caso che molti siciliani, soprattutto tra coloro nati nelle zone costiere o negli isolotti, abbiano abbracciato nella loro vita la marineria. In tal senso è emblematica la vicenda di un grande comandante di navi mercantili, formatosi a Palermo e che dal capoluogo siciliano navigherà per infinite rotte, arrivando a solcare tutti gli Oceani: è la straordinaria storia del capitano Vincenzo Di Bartolo.
Egli nacque a Ustica nel 1802 e durante l’infanzia venne educato da un ex soldato napoleonico. All’età di dodici anni, suo zio, Andrea Di Bartolo intuì che Vincenzo aveva una forte inclinazione per la marineria, per cui il giovane si trasferirà a Palermo per frequentare il Collegio Nautico della città. Vincenzo Di Bartolo dimostrò ben presto le sue qualità e il suo talento per la marina mercantile, già a 18 anni era pilota di uno sciabecco con destinazione Costantinopoli e Amsterdam ma negli anni precedenti aveva avuto modo di percorrere altre rotte importanti: verso Alessandria, Odessa e Lisbona.
Intorno al 1820 la marineria siciliana non era in grado di competere con le grandi flotte americane, inglesi, spagnole e portoghesi, infatti attraversare l’oceano Atlantico per la flotta isolana costituiva ancora un’avventura inconsueta, solo a partire dal 1830 le rotte per l’America saranno conquistate dai marinai siciliani. In tale contesto, il capitano Di Bartolo navigherà per Marsiglia, Algeri, l’Inghilterra e addirittura nel 1836, lavorando ormai per il grande imprenditore inglese Benjamin Ingham, si dirigerà verso le Americhe, arrivando anche in Brasile e riuscendo a doppiare Capo Horn, convenzionalmente ritenuto il punto più meridionale del continente americano.
Ma sarà un’altra l’impresa che renderà celebre il “capitano”: infatti nel 1838 Di Bartolo e Ingham idearono un viaggio verso l’Oceano Indiano, per giungere in India e Sumatra, col fine d’importare in Sicilia spezie e altri prodotti orientali. Queste rotte erano già solcate da inglesi, americani e olandesi ma per la flotta mercantile siciliana di quest’epoca si trattava di una grande impresa.
Così il 28 Ottobre 1838 Di Bartolo, sul brigantino Elisa, partì da Palermo con un equipaggio di 12 uomini, dopo tre mesi di navigazione arrivò a Boston dove scaricò cereali e vino. Successivamente riprese il viaggio in direzione Sud e dopo 68 giorni per mare doppiò nuovamente Capo Horn, per cui intraprese la rotta verso il Pacifico, superò il Tropico del Capricorno e l’Equatore, finalmente l’1 Luglio 1839 arrivò a Sumatra. Qui, Di Bartolo trovò e caricò sul brigantino diversi prodotti, soprattutto il pepe, fece le scorte per affrontare il viaggio di ritorno, portando con sé anche tre scimmie e qualche uccello esotico. Quindi intraprese la strada di ritorno, superando in direzione opposta Capo Horn e passando per l’isola di Sant’Elena, dove ancora si trovava sepolto Napoleone.
Finalmente il 14 Dicembre 1839 fece ritorno a Palermo. La spedizione fu un enorme successo, innanzitutto economico, infatti la famiglia Ingham ricaverà molti guadagni dalla vendita dei prodotti commerciali.In secondo luogo fu un motivo di vanto per la marineria siciliana e borbonica che per la prima volta riusciva a compiere una simile traversata, un’attenzione verso il mare che crescerà sempre più, infatti questi saranno anche gli anni in cui gli investimenti sulla flotta mercantile e di trasporto diventeranno molto rilevanti nel regno delle Due Sicilie, pensiamo per esempio agli sforzi messi in atto dai Florio. E poi naturalmente fu l’impresa che rese “grande” Vincenzo Di Bartolo, nominato alfiere sopranumerario di vascello della reale marina di guerra dal re Ferdinando II di Borbone, che volle congratularsi personalmente con il “comandante”, ricevendolo a corte.
Egli s’imbarcherà nuovamente per Sumatra, vivendo un’altra avventura, durata 18 mesi e nella quale raggiungerà Singapore e Giava, ritornando a casa il 23 Giugno 1844. Terminerà la sua carriera sul vapore Palermo, sul quale presterà servizio per circa un anno. Si ritirerà a Ustica dove morirà il 20 Aprile 1849.
Una vita, quella del comandante Vincenzo Di Bartolo, trascorsa in mare, spinto dalla curiosità e dal desiderio di esplorare, di intraprendere nuovi sentieri ma inevitabilmente legato alla propria terra, dominato sempre dalla volontà di ritornare, un sentimento ambiguo e conflittuale, un sentimento tipicamente siciliano.