Il 25 novembre non è più un giorno qualunque nel calendario: nell’attesa che ritorni presto nell’oblio, per adesso si iscrive sul libro della storia del XI secolo come la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Un giorno “nero“: tanti sono i sostantivi che saltano all’occhio in questa definizione ma fra tutte a spiccare, a nostro avviso, è la parola “eliminazione“.
In questo vocabolo c’è la portata di un fenomeno, la violenza sulle donne, terribilmente radicato, che sfocia in infinite sfumature di gravità, definita dal Presidente Mattarella “emergenza pubblica“.
E se da un lato si rincorrono manifestazioni, flash mob, azioni collettive, inaugurazioni di “panchine della solidarietà” (ci riferiamo alla nostra città nel caso specifico – ndr), che a nostro avviso male non fanno ma che lasciano il tempo che trovano nel tentativo vano ad oggi, stando ai dati relativi alle vittime registrate, di sensibilizzare e giungere all’eliminazione della violenza sulle donne.
Il fenomeno sociale, incivile perché esempio tra i più infimi di mancato rispetto verso un altro essere umano, affonda le sue radici in una cultura patriarcale arcaica e radicata, a livello internazionale, nel dna di molti uomini che, per diverse motivazioni, soccombono al discontrollo dell’impulso.
Lungi da noi giustificare nessuno, ogni qualsiasi gesto di violenza in generale è esecrabile.
Nell’ottica di voler comprendere meglio e approfondire le dinamiche, patologiche, che conducono a questi scellerati gesti abbiamo chiesto a chi quotidianamente opera nella società per “eliminare” questa realtà.
Un centro nel Sud Italia
A Bagheria, comune in provincia di Palermo, dal 2016 è attivo il primo Centro di ascolto per uomini maltrattanti dell’ Isola, l’unico da Napoli in giù.
Inserito all interno della Cooperativa sociale “Nuova generazione“, il Centro è gestito da tre psicologi, due donne e un uomo, tra cui Nunzia Arena.
Il punto di vista dell’esperto
Dal 2016 ad oggi, ci dice la dottoressa Arena, sono stati una cinquantina i casi trattati, giunti al centro bagherese o per prescrizioni del tribunale ordinario o di sorveglianza.
“Sono uomini che hanno commesso reati relativi a violenza o a maltrattamento o chi spontaneamente ha riscontrato un problema e si è rivolti a noi”.
“Il nostro lavoro – continua Arena – è mirato alla cura del trattamento psicoterapico, con supervisione scientifica del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Palermo. I risultati sono buoni, per quanto ogni caso sia a sé; abbiamo registrato un’interruzione dei gesti di violenza, che è il nostro obiettivo“.
Sul perché un uomo arrivi a compiere un gesto del genere: “Possiamo considerare tanti aspetti, quello culturale legato all’educazione patriarcale, così come i disturbi di personalità. Oltre a vissuti traumatici o agli esiti di abusi, subiti nell’infanzia. Il nostro fine terapeutico è, in primis, interrompere il circuito della violenza, evitare la recidiva“.
I dati della cronaca sono allarmanti
Abbiamo chiesto alla psicologa un senso all’escalation dei casi registrati negli ultimi anni: “I fattori psicologici che portano alla violenza sono vari e non sono legati al degrado socio-culturale come si potrebbe ipotizzare; ci sono inoltre fattori di rischio quali la disoccupazione o la presenza di figli. Questi uomini oscillano tra la rabbia e l’angoscia dell’abbandono e più che essere gestite, queste emozioni, vengono agite. Credo che la violenza sulle donne non sia un fenomeno nuovo, i casi arrivano alla ribalta perché, per fortunata adesso le donne denunciano questi atteggiamenti ‘primitivi’. Ripeto l’interruzione è l’aspetto prioritario, se segue anche la rieducazione di queste persone“.
Possiamo dire dunque che è necessaria una nuova “educazione sentimentale”?
“Assolutamente si – conclude Arena – fra gli strumenti più efficaci che abbiamo a disposizione di sicuro il lavoro di rete con le diverse istituzioni locali e, in primis, la sensibilizzazione tra le nuove generazioni cercando di intervenire, con la prevenzione, sugli stereotipi di genere e sulla cultura tramandata silenziosamente“.
Ci vuole coraggio ad essere Uomini
Ci vuole coraggio ad essere uomini. Ci vuole coraggio ad ammettere di avere un problema legato all’aggressività e quindi alla violenza. Coraggio a riconoscere i propri limiti umani e guardare al passato riconoscendo che le azioni di oggi sono il frutto del passato che va riscritto: per essere uomini migliori.
La testimonianza di chi ha deciso di farsi curare
Riportiamo qui le parole di Matteo (nome di fantasia – ndr): “E’ difficile vivere con i sensi di colpa ed i rimorsi per ciò che una persona ha fatto. Ed io purtroppo ad oggi vivo di quelli. Sperando che il tempo e il cambiamento aiutino a farli passare. Non starò qui a giustificare nulla. Anche un semplice schiaffo, urla, offese, ad un qualsiasi essere vivente è una forma di violenza. Ed io di “botte”, quando ero piccolo ne ho prese. Le mie parole sono sincere. Come il percorso che ho voluto intraprendere per cercare di essere una persona migliore. La dottoressa Arena senza troppe strategie mi ha fatto vedere un altro mondo. Il mio, quello più nascosto e sensibile. Mi ha presentato quel bambino che ho al centro del mio petto. Quel bambino arrabbiato e stanco con cui io stesso sto cercando di fare pace. Forse quel bimbo da sempre ha avuto questa necessità. Nulla di più di ogni bambino su questa faccia della terra. Prendersi la responsabilità di voler cambiare attraverso un percorso di psicoterapia o/e con un sostegno farmacologico, non è una scelta a cuor leggero. Figuriamoci ammettere gli errori della propria rabbia e leccarsi le proprie ferite in silenzio. Ma ognuno in questa vita, sceglie cosa vuole essere e diventare. Spero col cuore di poter vincere questa sfida con me stesso, attraverso anche l’aiuto degli psicologi e della gente che mi vuole bene. Certo, la paura è enorme di commettere qualche altro errore. Basta un attimo, un momento di rabbia che tutto si perde inesorabilmente. Ma preferisco continuare il cammino che stare fermo ad aspettare un autobus stracolmo di “se e però” che mi alleggerisca la coscienza.’Io speriamo che me la cavo’ è il titolo di un libro composto da temi scolastici redatti da bambini napoletani. Questo il mio augurio per me stesso. Ed anche per chi magari ha una storia simile alla mia“.