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Una didattica alternativa quella del corso di Decorazione dell’Accademia di Belle Arti di Palermo. Quattro docenti hanno portato i propri allievi, domenica 20 giugno, sulla spiaggia di Vergine Maria per delle performance laboratoriali.
“Visionarietà arte e gesto“, infatti, è un progetto multidisciplinare nato: “come reazione alla chiusura della didattica in presenza a causa del Covid, Chiusura che ha colpito maggiormente quei percorsi incentrati sulla pratica e non solo sull’aspetto teorico”. A dirlo è il professore Gianni Pedone, designer e ideatore del progetto.
Nelle performance, curate dai docenti Sergio Sanna, Arianna Oddo, Gianni Pedone e Giuseppina Pecoraino, mare, visioni, oggetti di design e lo spazio urbano hanno dato vita a tutto quello che non c’è stato durante la chiusura.
“Abbiamo iniziato a creare dei percorsi che abbiano come tema principale la visionarietà, perché è questo quello che ci lega, facendo fare esperienza tramite materiali, percorsi e parole che confluiscono a un percorso comune”, aggiunge Arianna Oddo, responsabile del dipartimento di Decorazione.
Le azioni sceniche, infatti, nascono come supporto al lavoro manuale e concettuale, alla ricerca e all’acquisizione di competenze.
LE PERFORMANCE LABORATORIALI
Approdo sulle coste della Libia
E’ stata un’emozionante passeggiata che si è trasforma in un’azione scenica che pone una riflessione urbanistico-sociale, alla ricerca della costa scomparsa.
“Questo progetto nasce da un esercizio collettivo sulla redazione di una mappa di Palermo che descrive alcuni fenomeni e conseguenze dell’esercizio del potere, lecito o illecito, come la spiaggia di Vergine Maria, vietata alla balneazione. Spiaggia che è il risultato e la reale dimostrazione di una discarica illegale“, racconta Sanna.
Nove navi nuove
E’ stata una performance più poetica, basata sul mare come metafora della vita. Con sottofondo di una “litania”, nove navi nuove cercano di prendere il largo, tranne una.
“Non sappiamo mai dove le strade ci portano e spesso ci fermiamo e non vogliamo più continuare, com’è stato con il Covid. Questa performance è legata al desiderio di voler navigare e ricominciare a vivere per respirare nuovamente”, spiega Oddo.
Un altro collegamento col mare e la vita è la realizzazione delle barche, utilizzate nella performance, con carta di “Posidonia”, alga importantissima per la biodiversità marina e per salvaguardare l’erosione costiera.
Visioni alterate
A destare curiosità sono stati dei particolari dispositivi ottici studiati per creare nuovi rifugi visivi e spazi di decompressione psichica.
“I dispositivi visivi di cui siamo dotati sono ottimizzati per una percezione dello spazio stereoscopica e realistica, ma è la sola visione possibile? Questi dispositivi realizzati dai ragazzi sono l’alternativa. Sono rifugi visivi e spazi di decompressione psichica da quello che è stato una sovraesposizione al pc e ai cellulari“, spiega Pedone.
Le “visioni alterate” di tali dispositivi hanno dato vita a un’intrigante azione performativa creando un paradosso con la location. Alla luce del sole, infatti, la realtà viene alterata in un luogo che è segno di apertura e che da poco è diventato fruibile.
Brevi storie di oggetti narrati
La presentazione dei dispositivi ottici, ideati e realizzati dagli studenti, si è fusa con “Brevi storie di oggetti narrati”. Una performance “improvvisata” in cui la professoressa Pecoraino, fa riflettere su come ogni giorno la nostra interazione con gli oggetti ci porti a creare dei rapporti ed esperienze, anche di tipo psicologico e sensoriale, con essi.
“Questo intervento è l’antefatto di qualcosa che avverrà l’anno prossimo – dice Pecoraino -. Quest’ultima performance, anche se improvvisata, completava le mille possibilità del progetto, anche nell’imprevisto, in uno spazio aperto e pubblico”.