Tutti contro Sgarbi. Prima, durante e dopo. L’annuncio di una migrazione romana alle Politiche, dato dallo stesso Vittorio Sgarbi, nel corso di una trasmissione radiofonica, nei giorni scorsi, ha messo al centro del mirino il professore, che in fondo aspettava solo questo per replicare e passare al contrattacco, riunendo una vasta platea di censori, a partire dai ‘grillini’, che accusano adesso il critico ferrarese d’aver usato l’esperienza, (brevina pare) del governo regionale siciliano come un tram di quelli che servono solo per un breve tratto. Prima di arrivare alle corse veloci della metropolitana.
Provando a mettere un po’ d’ordine nella cronologia dei fatti e degli annunci, non va dimenticato che dopo l’esordio del 12 settembre, ad alzo zero su Musumeci, Sgarbi, che aveva annunciato ai primi di settembre la corsa solitaria per Palazzo d’Orleans, salvo poi scoprire il 28 settembre “percorsi comuni” che lo portarono dritto dritto nell’esecutivo dell’attuale presidente della Regione, non ha mai fatto mistero, tranne per qualche titolo ‘lanciato’ un po’ troppo frettolosamente, che avrebbe preferito la ribalta nazionale, alla gestione delle emergenze dei custodi nelle feste comandate e al difficile rilancio delle politiche dei Beni culturali in Sicilia.
Si può discutere sulla liceità e l’opportunità del reclutamento quasi part-time di una personalità di questo tipo, che non manca mai, in ogni caso di risultare di interesse, da parte di chi organizza campagne elettorali e governi regionali, ma non si deve dimenticare il contesto della vigilia, tutt’altro che scontato, in cui Nello Musumeci ha tentato il suo terzo assalto, poi rivelatosi vincente, alla presidenza della Regione. Al di là delle uscite autoreferenziali di chi si accredita con un movimento di una percentuale di voti, tutta da dimostrare, la ricucitura verso l’unità è stata la parola d’ordine del centrodestra che, tornato unito, ha sconfitto 5stelle e centrosinistra.
Rimane da interrogarsi piuttosto su due cose. Quando l’Italia, (e la Sicilia) saranno Paesi sufficientemente maturi per sviluppare leggi elettorali che non risultino di basso profilo e respiro corto, come nel caso dell’ultima legge elettorale nazionale studiata da Renzi per partorire un inevitabile governo delle larghe intese, e perché la politica spesso non riesca a rinunciare a quella parte di spettacolo, che ingolfa il dibattito e la riflessione, distoglie l’attenzione dalle cose e le proietta in una dimensione spesso poco utile.
Un discorso questo, intendiamoci, che vale per ogni partito e schieramento che nelle prossime settimane, manderà in campo attori, personaggi dello sport e dello spettacolo, testimonial di un messaggio impreciso spesso slegato dalla politica e dai territori.
Negli anni della prima stagione dei collegi e del maggioritario, ma anche nei giorni lontani del proporzionale puro, si è sempre cercata la personalità dalle vetrina facile e individuabile.
Una questione diversa invece è quella che riguarda il valore aggiunto delle scelte che Sgarbi può essere in condizione di dare da una postazione di governo come quella dei Beni culturali. Su questo la Sicilia perde in ogni caso un protagonista estroverso, ma di valore. Oggi di Sgarbi in giro non ce ne sono molti, e la gente, per quel poco che ancora andrà a votare, ha gli occhi aperti e le tasche piene.