“Sicilia solatia duro paese
cui regnarono guitti e malacarne
cui tenne pure il “Tappiator Cortese”
re della strada e re della pochezza.”
Carissimi
Giovanni Pascoli mi perdonerà per questa parafrasi di una sua bella poesia ma oggi mi sono trovato a pensare a questo personaggio che nella mia infanzia mi impressionò tantissimo e che io soprannominai il “Tappiator Cortese” poiché era una persona veramente solare, gioviale e conduceva una bella vita molto al di sopra delle sue possibilità, benché le sue possibilità fossero pari a zero ed era molto gentile con noi ragazzi che giocavamo sul marciapiede.
Era veramente uno spettacolo vederlo arrivare con macchina sempre diverse, tra le più belle e sportive che non duravano nelle sue mani più di 15 giorni. Come potevamo noi capire quale meccanismo stesse dietro a questi eventi?
Lui faceva la bella vita e per noi ragazzini rappresentava magari fonte di ammirazione specialmente per coloro di noi più grandicelli che nel frattempo studiavano per costruirsi un domani, un futuro, lo vedevano sempre insieme a belle donne, ben vestito e quando la sera passava dalle nostre parti, per venire a dormire dalla sorella che era di tutt’altro gradimento estetico, senza alcuna classe, finezza e simpatia ma addirittura scucivola, a volte regalava il suo pacchetto di sigarette appena iniziato.
Ogni tanto scompariva per qualche giorno, ma poi ritornava più in forma di prima e con una nuova macchina. Andò avanti così per qualche tempo fin quando una mattina scoprimmo che in quell’appartamento dove abitava la sorella, non era rimasto nulla, la signora e gli abitanti erano scappati come si dice dalle nostre parti “di notte e notte” e si erano portati via finanche i chiodi dalle pareti e fu a quel punto che il capo condomino, il ragioniere La Perla, persona perbene, pensionato del Banco di Sicilia, confessò alla prima riunione che costoro non avevano mai pagato il mensile del condominio, ma quasi come una forma di religione e che fin quando avevano affittato quell’appartamento, lasciato dopo tre anni, ovviamente non avevano pagato neanche la pigione al padrone di casa.
Eppure, non posso dimenticare il sorriso e la classe di lui, il fratello, il “Tappiator Cortese”.
Seppi crescendo, dopo qualche anno che non aveva fatto una bella fine, o era caduto nella vendetta di qualcuno che era meno sportivo di lui e gliel’aveva fatta pagare per qualche debito non onorato. La cosa non mi meravigliò più di tanto poiché esistono persone di passaggio da questo mondo che hanno un talento e che brillano come i fiammiferi la cui luce e il calore si estingue nel breve tempo.
Alcuni di loro lasciano grandi opere, così come fece il fantastico Wolfang Amadeus Mozart che seppur vivendo 35 anni, aveva tirato fuori dalla sua mente tutto quel fior fiore di grandi capolavori musicali, altri come il “Tappiator Cortese” decidono di vivere anch’essi una vita fuori dalla normalità a volte pericolosa, non so fino a che punto consapevoli di ciò che gli può accadere e per dirla alla nostra maniera, in quel poco tempo, “si sfardano la vita”.
La vita è breve e fatta di 1000 incontri, coincidenze, opportunità, fortuna, sfortuna, ma va vissuta fino in fondo.
Alcuni di noi hanno un codice morale e lo seguono fino alla fine, alcune volte mortificandosi e andando incontro a privazioni pur di non disattendere le regole, altri vivono la vita come se non ci dovesse essere mai un domani, ciò potrebbe essere anche comprensibile, se spesso la loro ignoranza, presunzione e supponenza non li portasse a sbattere in faccia agli altri questo senso di onnipotenza attirandosi le attenzioni di chi, come diceva La Fontaine, nel frattempo faceva la formica e si crogiolava nella saggezza popolare locale pensando che “non sempre ride a mugghiere du latru”.
Si è vero, direste voi, ma è giusto chiedersi: “e quando è che comincia a piangere?”
Un abbraccio, Epruno.