L’Assemblea del Montevergini rilancia la sfida alla giunta comunale riportando sul tavolo l’annosa questione dell’assegnazione degli spazi culturali e del loro uso comune e condiviso.
Sono trascorsi circa due mesi dalla “liberazione” del Teatro Montevergini, spazio culturale in centro storico oggi autogestito da un’assemblea spontanea di giovani. “Questi due mesi di Montevergini Liberato sono stati ricchi di incontri e nuove relazioni – spiegano i componenti dell’assemblea, che preferiscono non indicare uno soltanto di loro come portavoce – e hanno significato la possibilità di discutere di beni comuni, di formazione e produzione culturale indipendente, di questioni sociali e ambientali, di nuove forme di governo e di rapporto tra cittadini e istituzioni. Ciò è stato possibile affermando i principi di cooperazione, orizzontalità e fiducia reciproca e interrogandosi su forme e strumenti condivisi di discussione e di partecipazione alle decisioni. Le assemblee ed i tavoli tecnico-giuridici hanno dunque elaborato una Dichiarazione di uso civico per la gestione partecipativa del Montevergini, il cui regolamento è espressione di un percorso inclusivo che dal basso individua i principi e le modalità non esclusive di utilizzo comune del bene, promuovendo un modo nuovo di vivere i luoghi della città e di intenderne la gestione – continuano – per configurare una partecipazione reale dei cittadini al governo e alla cura del territorio, infatti, il ricorso delle amministrazioni a strumenti di carattere semplicemente consultivo non è sufficiente, se ciò non passa attraverso il riconoscimento e l’incontro con percorsi concreti di autonomia civica. Esperimenti di questo tipo, in senso municipalista, si moltiplicano sempre più in Europa in controtendenza alle politiche di austerità e ai costanti tentativi di verticalizzazione delle forme di governo, operando in rete a livello politico, sociale ed economico e promuovendo – altra controtendenza attuale – una cultura delle differenze e dell’accoglienza“.
In due mesi il Montevergini ha ospitato diverse attività culturali, sociali e politiche: dalle proiezioni di film e incontri con registi alle mostre fotografiche e di pittura e poi concerti, laboratori e spettacoli teatrali, incontri con altre realtà sociali e politiche. “Nell’ultimo mese abbiamo avviato un percorso sul neo-municipalismo, partito con due giorni di confronto assembleare con la realtà de l’Asilo di Napoli e che avrà come prossimo appuntamento un incontro con la Federazione Municipale di Base di Spezzano Albanese il 17 dicembre – sottolineano – Centinaia di persone hanno attraversato lo spazio partecipando alle assemblee, proponendo attività, preparando nell’unica sala al momento aperta il loro lavoro artistico, portando il proprio contributo culturale, sociale e politico. In campagna elettorale si parla tanto di modello Napoli: per noi il modello Napoli è restituire sovranità decisionale ai cittadini, è accogliere le istanze e i processi partecipativi che nascono dal basso, è l’uso civico e collettivo urbano che consente la gestione dei beni comuni da parte delle comunità che se ne prendono cura – e rilanciano – questa è la sfida che abbiamo lanciato all’Amministrazione. Aspettiamo un prossimo incontro con quest’ultima e le altre parti coinvolte, forti del fatto che la direzione verso cui stiamo andando è quella giusta e la recuperata vitalità dello spazio e la partecipazione dei cittadini ne sono la prova”.
I beni comuni o usi civici, da questo punto di vista, a partire dalla prassi auto-istituente dei loro regolamenti di gestione, diventano laboratori per una nuova cittadinanza, luoghi aperti in cui si incrociano le istanze sociali e i desideri del diritto alla città, oltre che essere luoghi di sperimentazione per la formazione e la produzione culturale indipendente – concludono – pensiamo che il processo partecipativo e le relative potenzialità vengano quotidianamente ostacolate dall’impossibilità di utilizzo dell’intera struttura, da cui escludiamo la Chiesa adibita a teatro e destinata alle attività del Teatro Biondo. Chiesa dichiarata inagibile al pubblico e che di fatto rende l’occupazione della restante parte della struttura l’unica pratica che ha reso possibile la fruizione dello spazio alla città. Se questo modello gestionale, relativo ad una unica sala ha permesso la liberazione di tante forze espressive cittadine aspettiamo di poter annunciare l’apertura dell’intera struttura a una città che si dimostra affamata di spazi di creazione e partecipazione”.