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PALERMO – “Coltivare il futuro” è il titolo del progetto sperimentale realizzato dallo Studio AM3 Architetti Associati composto da Marco Alesi, Cristina Calì, Alberto Cusumano con l’architetto Vincenzo Messina, che vede come focus d’intervento Gibellina e il restauro dell’incompiuto Teatro di Pietro Consagra.
Il progetto, realizzato per le strategie territoriali in collaborazione con l’Università degli Studi di Palermo, a cura del professore Maurizio Carta e l’artista gibellinese Giuseppe Zummo, è attualmente esposto a Venezia alla Biennale Architettura 2018, “Padiglione Italia“, inteso quest’anno dal curatore Mario Cucinella non solo come spazio espositivo di opere, progetti e buone pratiche ma come un’opportunità per trasformare l’analisi tecnica in proposte concrete.
Cucinella ha coinvolto in questa sfida un collettivo interdisciplinare con architetti, urbanisti, esperti della progettazione partecipata, fotografi, rappresentanti delle università locali ed altri consulenti, chiedendo loro di lavorare su cinque aree strategiche per il rilancio dei territori interni del Paese, attraverso lo sviluppo di progetti sperimentali che possano diventare strumento di discussione e ausilio anche per le comunità e gli amministratori locali.
Gibellina, e la Valle del Belice per intero, si inseriscono perfettamente in questa visione.
Il progetto parte dall’idea di poter ri-abitare Gibellina Nuova trovando nelle sue attuali potenzialità le leve per una rinascita. Attraverso una fase di ascolto e di coinvolgimento della popolazione è stata individuata una vocazione territoriale trainante per un’ipotesi di sviluppo locale, ovvero la promozione di una filiera agroalimentare di qualità.
Tutto ciò si traduce nella riprogettazione degli spazi interni del Teatro incompiuto di Pietro Consagra come luogo di ricerca, didattica e socialità e nella realizzazione di un parco agricolo urbano.
Entrando nel merito, il Teatro viene interpretato nella sua natura scultorea e viene ri-abitato da un nuovo edificio che si innesta sulla sua griglia strutturale, occupandone solo parzialmente il volume: lo spazio del teatro originale, diventa una piazza pubblica sopraelevata accessibile da diversi sistemi di risalita che scorrono indipendenti sui fronti interni della scultura. Il basamento, invece, liberato e reso permeabile mediante una modifica del suolo, accoglie un mercato coperto dei prodotti agricoli.
L’edificio risulterà completamente immerso in uno spazio pubblico nuovo, aperto a una pluralità di usi che potranno essere ridefiniti anche nel corso del tempo. Il parco, invece, rappresenta una natura addomesticata e produttiva che entra nella città e serve al duplice obiettivo di dare densità vegetale ad un centro urbano spoglio e riconnettere trasversalmente le due aree dell’abitato.
Parole chiave, dunque, sono urbanità e ruralità per una visione che vuole concretizzare un laboratorio territoriale che conduca allo sviluppo, per la prima volta in Italia, del binomio “arte e vita sana“.