Palazzo Comitini, più o meno tre anni fa. Due sindaci, di cui uno della fascia tirrenica e l’altro delle zone interne del Palermitano, scendono insieme le scale dopo un incontro con il commissario: “Ma tu che problemi hai, fa il primo, il dissesto lo ha dovuto dichiarare, o lo hai trovato? E il secondo : “L’ho trovato… certo” “Questa è la fortuna”, conclude l’altro. Una parabola realistica di come l’argomento “dissesto” o criticità finanziaria spesso diventi un alibi importante sull’impotenza ad agire. Altre volte e nel caso delle città più grosse e cariche di problemi, il livello di consolazione, diminuisce sensibilmente.
Le difficoltà finanziarie di bilancio di Salvo Pogliese a Catania e di Leoluca Orlando a Palermo pongono l’accento su una crisi di sistema, organizzativa e strutturale degli enti locali a cui, anche in Sicilia, non è estranea l’armonizzazione contabile, il nuovo sistema entrato in vigore nel 2015. Molti amministratori in questi anni hanno dovuto procedere nel tempo a un riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi e questo ha portato alla cancellazione di molti cifre divenuti inesigibili, creando un vuoto e un mancato equilibrio tra le risorse.
Inoltre oggi, rispetto al passato, l’impegno è collegato all’anno di spesa e il bilancio non è più solo di previsione, ma ha carattere autorizzatorio. Le singole poste di bilancio non possono essere più genericamente individuate, ma collegate a un obiettivo da raggiungere.
Il ritorno dopo 20 anni della previsione di cassa, ha causato per altro verso la necessità di continue variazioni di bilancio. Non è un caso infatti che a Palermo le principali contestazioni, o alcune delle più rilevanti tra le altre, hanno riguardato un eccesso di debiti fuori bilanci ai residui passivi, e problemi sul fondo crediti di dubbia esigibili alla tesoreria e alle anticipazioni della Cassa depositi e prestiti. La linearità dei passaggi e la conseguenzialità degli atti dunque attraversano uno schema che lascia sempre minori margini di approssimazione ( e di improvvisazione). Quali diventano al termine di questo lungo rosario di operazioni tecniche e contabili i margini di manovra e di gestione dei sindaci diventa quindi un quesito molto complesso.
Con questo non significa che i primi cittadini debbano pensare di potere accampare scuse in eterno. Tra Orlando e Pogliese poi la differenza nell’ordine di mandato è centrale. Orlando è succeduto a se stesso, per la seconda volta in 25 anni, sommando un decennio consecutivo complessivo, tra una cosa e l’altra, Pogliese ha ereditato dall’amministrazione di Enzo Bianco un quadro fortemente pregiudicato. Ciò premesso a entrambi conviene trovare in tempi rapidi soluzioni che consentano di uscire dall’angolo. E se per Orlando il quadro è aggravato dalla considerazione che lo stesso sindaco aveva legittimamente rivendicato negli ultimi anni il risultato di un bilancio risanato, Pogliese dovrà monetizzare l’interlocuzione con Roma e con Matteo Salvini attraverso soluzioni rapide o comunque velocemente intercettate e condivise.