I carabinieri e la Procura di Palermo fanno luce su due omicidi di mafia avvenuti nel palermitano nel 1999 e nel 2000. I militari del Nucleo investigativo di Palermo hanno eseguito il provvedimento di fermo per quattro persone ritenute appartenenti, in qualità di capi e gregari, alla famiglia mafiosa di Carini. I provvedimenti emessi dalla Procura di Palermo, hanno raggiunto Giovan Battista Pipitone, 67 anni, Salvatore Cataldo, 67 anni, e Antonino Di Maggio, 62 anni. Risulta, invece, ricercato Ferdinando Gallina, 39 anni. Per gli investigatori sono responsabili degli omicidi di Antonino Failla e Giuseppe Mazzamuto, uccisi a Carini, nel palermitano, con il metodo della lupara bianca il 26 aprile del 1999 e di Francesco Giambanco, freddato sempre a Carini il 16 dicembre del 2000.
Alla svolta nelle indagini hanno contribuito le dichiarazioni del neo collaboratore di giustizia Antonino Pipitone, uomo d’onore della famiglia di Carini, e quelle datate 2008 del pentito Gaspare Pulizzi. I militari, coordinati dal procuratore aggiunto Vittorio Teresi e dai sostituti Annamaria Picozzi, Amelia Luise e Roberto Tartaglia, sono riusciti così a ricostruire i delitti e i ruoli di ciascuno dei fermati negli omicidi. Failla e Mazzamuto, ritenuti responsabili di un incendio, furono attirati in una trappola da Pipitone, Di Maggio e Cataldo, che dopo averli fatti giungere in un’abitazione li uccisero. Failla fu ammazzato a colpi di accetta, mentre Mazzamuto con un colpo d’arma da fuoco. I loro cadaveri non sono stati mai ritrovati.Francesco Giambanco, invece, fu ucciso a colpi di bastone da Ferdinando Gallina, insieme con Antonino Pipitone, Gaspare Pulizzi e Giovanni Cataldo (deceduto).
Il cadavere fu poi nascosto nel bagagliaio di un’auto che venne dato alle fiamme. L’ordine di ucciderlo fu dato dal capo della famiglia mafiosa di Carini, Giovan Battista Pipitone, e dal fratello Vincenzo, che ritenevano Giambanco responsabile della scomparsa di Federico Davì e di alcuni incendi a Carini.