La campagna elettorale per le elezioni amministrative di Palermo stenta a decollare, sia per i recenti lunghi ponti festivi, sia anche per le primarie del PD, su cui si è concentrata l’attenzione della stampa e dell’opinione pubblica, almeno di quella che segue le vicende politiche del Paese.
L’impressione che, per ora si ha, è di una campagna ancora sottotono, e anche la lodevole iniziativa della Curia palermitana di mettere a confronto i candidati a sindaco della città, svolgendo ancora una volta opera di supplenza della politica, non ha sortito gli effetti sperati.
A parte alcune schermaglie ancora non sono emerse, in modo compiuto, quali siano e le opzioni programmatiche e non il solito e burocratico elenco delle cose da fare su cui tutti non possono che convenire.
In queste elezioni, più che mai è importante capire quale sia l’idea di futuro della città da mettere in campo e da sottoporre all’attenzione dei palermitani.
Idea di futuro perché, di là dalle valutazioni, che ognuno può fare sull’operato di Orlando, positive o negative che siano, non vi è dubbio che la città, nonostante la crisi generale del paese e le gravi difficoltà dei Comuni, sia cresciuta e cambiata, ha acquisito un suo profilo e una sua identità.
Da questo dato obiettivo non si può prescindere, se si vuole progettare un futuro in cui i palermitani e in particolare le nuove generazioni possano riconoscersi.
Cifre e statistiche, infatti, ci ricordano come la maggior parte dei giovani che lasciano Palermo sia in prevalenza diplomati e laureati e che solo scelte innovative, legate a un nuovo progetto di sviluppo della città e alle opportunità che dovrà creare, potrà fermare questa emorragia e perfino far tornare chi è andato via.
Questo non significa sottovalutare il bagaglio di problemi antichi e nuovi che la città porta con sé e che ognuno potrà giudicare quanti e quali siano stati risolti, ma questo farà parte dell’ordinaria amministrazione su cui qualsiasi governo comunale dovrà misurarsi.
La vera novità, o quella che dovrebbe essere, e che non è cosa di poco conto e di cui tutti dovrebbero essere soddisfatti, è, infatti, che rispetto al passato, non dobbiamo confrontarci su come affrontiamo le emergenze e arrestiamo il declino, ma su come progettiamo il futuro.
Da qui una sollecitazione forte alla cosiddetta “società civile”, al mondo del lavoro, delle imprese e delle professioni, alle variegate realtà del volontariato e dell’associazionismo, perché facciano conoscere le loro idee, elaborino progetti, indichino proposte e soluzioni. Un esempio, in tal senso, è venuto nei giorni scorsi dall’interessante intervista de ilSicilia.it alla presidente di Confcommercio Patrizia Di Dio.
Nel corso della sua storia, almeno a partire dagli anni sessanta le vecchie classi dirigenti o dominanti, a secondo i punti di vista, si sono occupati più delle cose che delle persone, la residenza, le strade, le urbanizzazioni primarie e secondarie. Si è costruita così L’Urbs, la forma fisica della città a discapito della Civitas, cioè della sua forma sociale, e quando una città si riduce al concetto di urbs essa si svuota d’idee, di progettualità, di senso della comunità.
È l’equilibrio tra queste due forme che dà vita alla città e ne garantisce l’ordinato sviluppo. La loro separazione produce frammentazione, disarticolazione sociale, frattura tra centro e periferie, dando spazio all’egoismo, al corporativismo, all’illegalità. La prima grande opzione è dunque quella di ricomporre l’unitarietà della città coinvolgendo tutte le sue energie e le intelligenze di cui dispone.
Su questo terreno andrebbe selezionata la nuova classe dirigente che affiancherà il prossimo sindaco, sia a livello di Giunta, sia di Consiglio Comunale. E dunque, finita la fase della tradizionale mostra fotografica, come se dovessimo elegger Miss e Mister Palermo, aspettiamo ora dai candidati a sindaco e al Consiglio Comunale segnali in questa direzione.