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25 anni fa chiudeva L’Ora, Valdini: “Il giorno dopo la strage di Capaci ci rivedemmo tutti”

lunedì 8 Maggio 2017
© STUDIO CAMERA

“Io insieme a Kris Mancuso fui l’ultimo caporedattore, quello che spense la luce l’ultimo giorno”. Il giornalista Guido Valdini, dopo venticinque anni dalla chiusura del giornale che segnò la storia del giornalismo locale e nazionale racconta gli ultimi giorni in redazione e qualche aneddoto.

“L’ultimo giorno, l’8 maggio 1992, – racconta – lo ricordo molto concitato e triste, ci fu una staffetta di solidarietà; vennero tutti dai politici agli intellettuali. La chiusura fu malinconica, si era chiusa un’epoca. Speravamo che non fosse così, ma era così. Si parlò, si parlò moltissimo, per cercare di capire come poter dare continuità a questa esperienza editoriale”. La proprietà, il Partito Comunista, non dava più nessuna garanzia neanche per negoziare con nuove forze imprenditoriali o con altri tipi di finanziamenti e quindi il giornale non aveva molte speranze di sopravvivere, non c’erano più soldi da investire.

Ci riunimmo in cooperativa, eravamo circa 25 giornalisti, – aggiunge Valdini – e rilevammo la Testata in cambio di una parte della buona uscita, fiduciosi che qualcosa avremmo potuto fare, che quella esperienza sarebbe potuta continuare in qualche modo. Passai almeno due anni in giro per l’Italia alla ricerca di qualche soluzione, di qualche finanziatore“.

Nel 1995 si aprì uno spiraglio per L’Ora, una cordata di imprenditori voleva riaprire la testata ma purtroppo, al momento di concludere si tirarono indietro. Nel 1996 ci levammo definitivamente mano, – continua il giornalista – non siamo riusciti a riaprire quella redazione, almeno non come volevamo noi, non volevamo diventasse un giornaletto, ma Palermo e la Sicilia non erano interessate”.

Alla domanda se manca un giornale come L’Ora oggi, Valdini ha le idee molto chiare: Penso che se quel giornale non esiste più vuol dire che non manca. Se devo parlare in termini sentimentali, certo che manca invece. Era un giornale unico, era estremamente popolare e di inchiesta, con un taglio culturale di altissimo livello. Un mix che non ho mai più visto in altri giornali”.

“Fu il primo che si inventò le pagine dei quartieri, oggi giornali popolari non ne esistono. Fu anche il giornale antimafia che usò per primo la parola mafia e che sulla propria pelle ha provato la ferocia della criminalità mafiosa”.

Guido Valdini

Il Giornale L’Ora nasce nel 1900 con i Florio, con sedi nelle più grandi città europee, nel dopoguerra subentra il Partito Comunista e nel ’56 arriva Nisticò, giovane giornalista calabrese, che si inventa con poco o niente, un giornale di battaglia, nel 1975 lascia la direzione del giornale e iniziano le prime difficoltà, nel 1976 nasce la prima cooperativa di giornalisti. Nell’86 torna Nisticò come direttore editoriale chiamato dal partito per ridare linfa al giornale. C’è la rivoluzione tecnologica con l’avvento dei computer in redazione e arriva anche Tito Cortese, giornalista della Rai inviato a Bonn. Quindi, il primo tentativo di far diventare l’Ora un giornale del mattino: “Acquistammo giornalisti dal Giornale di Sicilia, facemmo tutti un grande sforzo, – continua il racconto – ma il tentativo fallì perché troppo costoso si tornò a stampare con un’uscita soltanto per il pomeriggio e da quel momento in poi fu una lenta agonia”.

L’Ora era un giornale famoso per la sua indipendenza,spesso andavamo anche contro il Partito Comunista, cosa che non piaceva al partito. Con l’avvento della tecnologia poi la gente cominciava ad essere informata 24 ore su 24 e quindi vendere un giornale il pomeriggio era difficile tranne quando c’era un omicidio. Quando l’omicidio non c’era e non c’erano fatti eclatanti capitava di pompare altre le notizie e lo facevamo soprattutto con titoli roboanti“.

 “In redazione ci divertivamo molto – ricorda il cronista – ma ci scontravamo anche tanto, perché era un giornale che si faceva in poco tempo e quindi c’era molta nevrosi ma anche molto divertimento; c’era un clima di grande cameratismo. C’era un famoso portiere nella metà degli anni ’80: un giorno venne Giorgio Bocca – tutti i giornalisti nazionali venivano a L’Ora quando dovevano fare inchieste in Sicilia – e il portiere lo bloccò. Conseguenza: Giorgio Bocca rimase bloccato un’ora e mezza ad aspettare in portineria e poi se ne andò”.

Il giorno dopo la strage del 23 maggio, a pochissimi giorni dalla chiusura de L’Ora, tutti i giornalisti rimasti volevano fare qualcosa: “Ci rivedemmo tutti, piangendoci addosso e dicendo di fare un numero speciale, ma i tipografi e una parte della redazione non vollero”.

La grande stagione di Nisticò – conclude Valdini rimane una pietra miliare, per la stoffa del direttore e per la qualità della redazione, però anche quando Nisticò non ci fu più fino alla fine dei suoi giorni, il giornale, cercò di rimanere dentro quell’orma che lui aveva dato”.

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